Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

   La protesta esplode al sud. Si presidiano i supermercati. Corrono sui social le minacce di esproprio di chi “ ha fame”. Un rider a Palermo è rapinato nelle strade vuote e buie. Si diceva: le restrizioni dovute al virus porteranno recessione economica e questa porterà alla crisi sociale. Sta succedendo. Prima di quanto si potesse prevedere. Forse per l’incapacità di vedere. Huffington post , nelle sue cronache, racconta un episodio che rivela la sostanza dei fatti . Scrive Gabriella Cerami: ”Ecco la scena. Un signore arriva alla cassa: pasta, pomodoro, pane, olio. E niente di più. È il momento di pagare e si sente la voce del cassiere: ‘Chiamate la polizia, il signore non ha i soldi per la spesa. Non può mangiare, non ha comprato champagne e vino, ha comprato l’essenziale’. Ecco cosa inizia a mancare: l’essenziale” Il governo corre ai ripari. Tempestivamente. E’ vero. Decide sussidi di emergenza ( non si sa quanto bastevoli). Ben fatto . Ma è questo il punto ? 

Lo è solo in parte. Certo sono misure necessarie. Come dice Giuseppe Provenzano, ministro al Mezzogiorno , in una intervista a Repubblica ( 28 Marzo ), in questi tempi bisogna restare a casa “Ma chi è a casa deve poter mangiare”. Se , però , è vero che, nell’economia del dopo virus , tutto cambia e nulla può essere uguale a prima, il cambiamento deve riguardare il Sud.  Il mezzogiorno non è solo specchio di un divario sconosciuto a ogni paese europeo. Rivela pure la rottura di un modello storico della nostra economia, centrato sullo scambio tra produzione al Nord e consumi al Sud ( anche alimentati da sussidi, vizi di spesa, clientelismo , abusi e mafie) . Quello scambio non funziona più. Si è un solco tra due Italie socialmente intollerabile. Politiche sorde lo hanno acuito negli anni della crisi. Nella attuale emergenza , per esempio, si vedono due Sanità. Dove, come Lino Patruno documenta, La Gazzetta del Mezzogiorno ( clicca qui ) si hanno 3,37 posti letto ogni mille abitanti al Centro Nord, 2,82 al Sud , 12,1 dipendenti sanitari ogni mille abitanti al centro nord , 9,2 al Sud. ”. Nella spesa pubblica ci sono errori e orrori. Oggi il nord ne riceve più che non il mezzogiorno. Nè da conto Marco Esposito nel suo libro Zero a Sud.  Lo Svimez, poi, denuncia come lo Stato abbia “ disinvestito a Sud “, facendo venire meno 3,5 miliardi. I fondi della Ue da aggiuntivi diventano sostitutivi…. Questo è lo stato delle cose . Ora i sussidi servono . Servono i redditi di emergenza. Ma se tutto deve cambiare , se niente può essere come prima, non bisogna regalare redditi al sud ma creare le condizioni per produrne. Non basta fronteggiare la pandemia. Per la crescita ci vuole una strategia . Sulla carta, è semplice: spostare verso Sud il baricentro dei nuovi investimenti pubblici per rendere il mezzogiorno più attraente al capitalismo privato. Ma si tratta di una svolta radicale. Politicamente gigantesca.

Si vorrà farla ? Non solo nell’interesse del Sud, ma del paese, se è vero , come avverte da tempo Mario Draghi che l’Italia sarà quel che il sud sarà ? La domanda è più che attuale oggi. Ma non si vede il segno di una risposta. Ha ragione Sergio Rizzo quando scrive, su Il Corriere della Sera ( 28 marzo ): “Ma sarebbe imperdonabile se finalmente la politica non rimboccasse le maniche per affrontare il problema del Sud con la serietà che merita. Ed è finora mancata: per responsabilità di tutta la classe dirigente. Anche quella meridionale.” Così come , si può aggiungere, più insistenza sarebbe necessaria da parte della cultura e dei media maggiori, grande stampa compresa.