Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.


di CAROLINA VICARI   

(Nel dibattito sulla violenza contro le donne (QUI  e QUI) interviene Carolina Vicari. Questo che segue è il secondo articolo. Il primo è stato pubblicato ieri ( QUI ) E’ E’delegata siciliana dell’Associazione Italiana Donne Medico,Dirigente Medico U.O. Ginecologia ed Ostetricia ARNAS , PO Civico – Palermo 9 )

La violenza sessuale può condurre direttamente a una gravidanza indesiderata o a infezioni a trasmissione sessuale, tra cui l’HIV, attraverso atti sessuali imposti, oppure indirettamente ostacolando la capacità della donna di utilizzare metodi contraccettivi, compresi i preservativi; inoltre l’esperienza di un rapporto sessuale forzato in giovane età riduce la capacità di una donna di considerare la propria sessualità come qualcosa che può controllare.

E’ meno probabile che un’adolescente vittima di stupro utilizzi preservativi o altre forme di contraccezione, aumentando quindi il rischio di rimanere incinta. Rapporti sessuali forzati sono collegati a sanguinamenti o infezioni vaginali, fibromi, minore desiderio sessuale, irritazione dell’area genitali , dolore durante il rapporto e dolore pelvico cronico (40-50% dei casi), infezioni del tratto urinario, più frequente ricorso a IVG (30-40% 2 o più IVG), Malattie sessualmente trasmesse (MTP ), disfunzioni sessuali, sterilità  (Salute fisica OMS, 2002)

Per le donne cadute nella rete della prostituzione, i rischi dell’HIV e di altre malattie a trasmissione sessuale sono particolarmente elevati.(Salute fisica OMS, 2002)  La violenza può essere perpetrata anche durante la gravidanza, con conseguenze non solo per la donna ma anche per il feto. Secondo la WHO nel mondo almeno una donna su quattro è stata vittima di una forma di violenza in gravidanza. Di tutte le morti materne, si stima che il 20% sia riconducibile ad episodi violenti, e, nelle teen-ager, il rischio di morte in gravidanza si presenta addirittura raddoppiato. La violenza in gravidanza assume un particolare rilievo in quanto le persone offese sono due: la gestante ed il feto. La maggior parte delle donne seguono un programma di controlli prenatali ed hanno quindi ripetute occasioni di entrare contatto con il Servizio Sanitario e con operatori con i quali creano facilmente un rapporto di confidenza e di fiducia; inoltre il timore delle possibili conseguenze per il suo bambino spinge la donna ad aprirsi con maggior facilità.

Esistono dei segnali che possono essere colti, una volta acquisita l’abitudine a prendere in considerazione anche questo problema: iniziare tardivamente le cure antenatali, mancare senza motivo alcuni appuntamenti, manifestare eccessiva ansietà nei confronti del     decorso e dell’esito della gravidanza, apparire insicura o infelice e depressa. Anche nel partner possono essere osservati dei comportamenti abbastanza caratteristici ed indicativi: eccessiva sollecitudine, tendenza a non lasciare mai da sola la donna e a rispondere al posto suo, magari correggendo le risposte. È anche possibile rilevare lividi o ferite, solitamente in vario stato di guarigione.   Quello che è essenziale nell’approccio alla donna con dichiarata o sospetta violenza, è un atteggiamento non giudicante, ricordando che a noi spetta raccogliere il racconto e non deciderne la veridicità, il rispetto della confidenzialità, cercare di parlare con la donna da sola nel corso del controllo, avendo a disposizione un interprete che non sia il partner in caso di donne immigrate. Non pretendere mai di forzare decisioni che devono essere maturate nel tempo come la denuncia all’autorità giudiziaria o l’allontanamento dal partner violento;  ornire invece informazioni circa le possibilità che il territorio offre per uscire dalla situazione di abuso, ricordando che parlarne di fronte al partner può esporre la donna ad un grosso rischio.

 

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