Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

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Ada Loffredo torna in mostra. A Palermo, in spaziocentotre, di via principe Belmonte, una galleria con la quale Fecarotta Antichità , gioielleria simbolo della città, da due secoli alla ricerca del bello con il suo capostipite, orafo alla corte di Francesco I di Borbone, si apre all’arte contemporanea. La Loffredo espone dipinti inediti e riproposizioni. Ma è la Loffredo di sempre che ti affascina con la sensualità dei nudi di donna e dei paesaggi delle madonie.  Con quel gusto del colore che Vincenzo Consolo descrive firmando , nel catalogo, una preziosa prefazione che , per gentile concessione della pittrice, vi proponiamo .

 COLORI COME CRISTALLO….di VINCENZO CONSOLO

“Sentiva d’essere legato a quel paese, pieno di vita, storie, trame, segni, monumenti. Ma pieno soprattutto, piena la sua gente, della capacità d’intendere e sostenere il vero, d’essere nel cuore del reale, in armonia con esso…” Scusandosi per l’impudicizia di un’autocitazione,…

chi scrive vuole da quel suo paese partire – nel senso letterario e in quello metaforico – per percorrere a suo modo, che non è certo quello razionale, critico, il paesaggio pittorico di Ada Loffredo Partire vuole insomma da Cefalù, da quello straordinario paese siciliano, stretto tra il mare e la gran rocca che lo sovrasta e lo protegge, la rocca tonda murata e turrita che sembra, come il possente Duomo ai suoi piedi, dove i Ruggeri e i Guglielmi collocarono sarcofaghi di porfido, un grande inespugnabile castello di Scozia o Normandia. A Cefalù s’incrociarono per la prima volta la tenda, l’incenso e il labirinto arabo con le squadrate mura, gli spalti, gli afrori di cavalli e soldatesche dei Normanni. E Cefalù divenne soglia, passaggio tra Oriente e Occidente, esistenza e storia, natura e cultura. Divenne porta, vestibolo dell’intricato mondo di Palermo. Da quel mondo – crediamo per l’insopportabilità dei segni, più che mai atroci nell’insopportabile atrocità della presente storia – si legge il ritrarsi della pittrice, e per la soglia, per la porta di Cefalù, prendere il cammino che s’inerpica su per i monti dal nome tenero e materno, per le Madonie, che conduce alla terra di promessa biblica, a quel rifugio dell’anima di nome Gibilmanna: cammino verso un’utopia naturalistica, verso un eden del sogno o dell’infanzia. “Ivi la Natura vivente dispiega rigogliosa la sua potenza; ivi l’eccelse Querce, i Sugheri, i Lecci, i Frassini, gli Olmi rivestono l’erte, e le vallate delle falde, mentre gli Acrifogli, i Pini, gli Aceri si stendono fin presso le sommità ghiacciate, le quali o sono adorne di Faggi o calve affatto danno a dividere la calce secondaria; ivi prosperano ogni maniera di arbori e di erbe, che olezzano d’ogni intorno grata fragranza…” Così il naturalista, malacologo e barone cefaludese Enrico Pirajno di Mandralisca, la cui prosa, come quella di Galileo quando trattava della luna, descrivendo la natura delle Madonie abbandona la freddezza scientifica e si fa accesa di sentimento, vibrante di stupefazione. Così è della pittura “madonita” della Loffredo. Pittura che sembra realistica, di quella realtà oggettiva esterna, ritrasferita scrupolosamente sulla tela. E invece sono, i suoi paesaggi, immagini di luoghi, di “Querce, Sugheri, Lecci, Frassini, Olmi, Pini, Aceri, Faggi…”, di casupole o villaggi in quella natura immersi, visti con gli occhi della memoria o del sogno; memoria e sogno come sostanza della nostalgia o del desiderio. Sono soffusi d’una luce che non ha nulla della reale luce siciliana che ogni cosa incendia, sbianca, rende squillante ed espressiva; soffusi d’una luce corposa, di tramonto caldo, sensuale, scomparso il sole d’una estate “apocalittica”, come chiamò Lampedusa quella siciliana, che sembra sprigionare dagli oggetti, dai tronchi, dalle foglie, dalla terra, dai muri, dalle tegole. E gli azzurri, i viola, i verdi, i bianchi, i bruni della tavolozza diventano come cristalli, pietre d’un mondo minerale che emana lampi, bagliori, effusioni, come da sepolti occulti cuori di fuoco.

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