Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di SERAFINA BUARNÈ

L’Associazione MED-MEZZ, ha concluso le tre giornate di studi, presso  l’Università Kore di Enna,  dedicate, a Napoleone Colajanni. Non è stato un mero evento  celebrativo, ma un’occasione per richiamare l’attenzione su un periodo della  storia   subito dopo la proclamazione dell’unità d’Italia: su alcuni fatti e sulla vicenda umana e politica di un siciliano, di un italiano che ha marcato il suo tempo. Nelle intenzioni dei soci di Med-Mez, è radicata la volontà di ispirarsi agli stessi principi che costituirono il discrimine della sua vita: rettitudine e competenza. Principi che vorremmo riscontrare sempre in chi svolge un  munus publicum.  Perché proprio Colajanni? Perché è l’omaggio di persone che provengono da un certo territorio che fu culla del grande politico: Castrogiovanni gli diede i natali e oggi Enna è la sede dell’Associazione MED-MEZ. Colajanni, fu un uomo di sconfinato sapere, non solo accademico, che riuscì a coniugare l’attività di politico a quella di medico, statistico, sociologo, soprattutto, di denunciatore del malaffare. In tale molteplice attività  vi  fu sempre una e una costante, che non venne mai meno: il suo modo di affrontare le questioni, In direzione ostinata e contraria. Se dovessi apporre un esergo a questo breve scritto apporrei questa frase. Ma direte cosa c’entra De Andrè con il Nostro Napoleone?. Questo verso De Andrè, lo dedicò, in una sua canzone, agli  ultimi, oggi diremmo, mutuando il lessico dalla sociologia, alle persone fragili, che vivono costantemente in una situazione di precarietà, non solo psicologico ma economico-sociale.  Certamente lo erano bambini e adulti sfruttati nelle miniere di zolfo di Girgenti e Caltanissetta, nel  tempo in cui Colajanni denuncia i fatti .

Voglio sottolineare la particolare attenzione, richiamando De Andrè, che Colajanni ebbe per  quanti subiscono, insieme alle bizzarrie della sorte, le angherie e i soprusi dei potenti,  che prevalgono con la forza sui più fragili e indifesi. Colajanni denuncia lo sfruttamento delle persone fragili, costrette in ristrettezze economiche, soprattutto, provocate dal malaffare di privati imprenditori che, intrallazzando con alcuni rappresentati delle istituzioni, si arricchivano. Denuncia il degrado morale e sociale causato da rappresentanti delle istituzioni   che avrebbero dovuto presidiare e tutelare quelle stesse istituzioni. Denuncia il malaffare dei politici in un libricino, come lo definisce, dedicato alla Corruzione politica, con un linguaggio asciutto, senza fumisterie lessicali, affronta la questione della corruzione, senza giri di parole, colpendo il centro della questione:la difficoltà di fare prevalere la legge, punire i corrotti e i corruttori. Colajanni, affronta la questione di petto ed  esprime la  sua interpretazione sulle cause che contribuiscono a diffondere il fenomeno corruttivo: ritiene che il terreno sia più fertile in un  regime  monarchico, dove l’appartenenza ad una condizione sociale, quindi, il censo, il rango sociale, sia di per sé, un’attenuante, quando addirittura non diventa una condizione esimente. Analizza i fatti, li collega tra di loro e li espone in forma tridimensionale, con metodo scientifico, analitico-comparativo. Sebbene il fenomeno corruttivo in quell’epoca fosse considerato e guardato ad una dimensione,  Colajanni arriva a conclusioni  sbalorditive, per il suo tempo: evidenziare il disvalore di un fatto, compiuto da un uomo, penalmente rilevante che, però, ritiene, principalmente,  immorale e come tale censurabile, per gli effetti disgreganti sulle istituzioni.  La nozione di rischio quale  fattore abilitante alla commissione  di un evento, del realizzarsi del fatto corruttivo, è ancora lontana anni luce.  Ma il compimento di un’azione ad opera di un uomo, quindi, fatto umano, capace di provocare una danno alle istituzioni, secondo me si intravede, Certo siamo ancora lontani dal considerare il fenomeno corruttivo, da una  prospettiva diversa da quella penale. Solo in tempi più recenti, si affronterà la questione e sorgerà il problema di valutare e determinare il livello di rischio per la pubblica amministrazione e di enucleare la corruzione amministrativa ed una. relativa attività di prevenzione, prima della fattispecie penale . Come è noto, oggi, la valutazione del rischio, è un’attività fondamentale nella redazione del Piano di prevenzione della corruzione . Ma il Nostro è lontano da questa novità introdotta nel 2012 con la legge 190 in materia di prevenzione. Colajanni, con le sue personali categorie concettuali, e con le conoscenze di allora, affronta la questione della corruzione e dei danni che può provocare alle persone oneste e alle istituzioni democratiche e alle casse dello Stato. Non è interessato a denunciare il fatto perché lo ritiene un fatto scandalo di cronaca giudiziaria, ma vuole denunciare l’interesse economico perverso personale, ben identificato, tutelato da un sistema di potere che diventa sistema criminale in grado intaccare le fondamenta dello Stato. Vuole denunciare il malaffare e l’interesse del singolo che si vuole arricchire,  che alimenta un sistema di potere che intacca le fondamenta dello Stato di diritto. Il suo modo di affrontare e denunciare un singolo malaffare è controcorrente, rispetto al pensiero dominante in quel contesto storico: in direzione ostinata e contraria.  

SERAFINA BUARNÉ

SERAFINA BUARNE’

Avvocato. Già segretario generale di  Roma di Città Capitale metropolitana di Roma capitale (2015-2019), dove ha svolto l’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione. Componente della Commissione Straordinaria per la gestione del Comune di Termini Imerese sciolto per infiltrazione mafiosa anno 1993.

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