Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di LEONARDO AGUECI

La mattina del 25 settembre 1979, a Palermo, il dottor Cesare Terranova, magistrato e parlamentare, appena uscito di casa ed essersi posto alla guida della propria autovettura, veniva trucidato da un gruppo di persone armate che colpivano a morte anche il M.llo di Polizia Lenin Mancuso, da sempre suo fidato collaboratore ed accompagnatore. L’omicidio, di chiara matrice mafiosa, si inseriva nella strategia di Cosa Nostra diretta ad eliminare gli esponenti delle Istituzioni che potevano rappresentare un grave pericolo per i suoi traffici illeciti. 

 leonardo agueci, già procuratore aggiunto di palermo

Difatti pochi mesi prima erano stati uccisi l’onorevole Michele Reina esponente politico di primo piano e il Vice Questore di Polizia dottor Boris Giuliano dirigente della Squadra Mobile di Palermo, così come –  nei mesi successivi – sarebbero stati colpiti il Presidente della Regione Siciliana, onorevole Piersanti Mattarella, e il Procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Gaetano Costa. Cesare Terranova, entrato in magistratura nel 1946, dopo avere svolto nei primi anni della sua carriera le funzioni di Pretore di Messina e di Rometta, e quindi di Giudice presso il Tribunale di Patti (ME), ottenne, nel 1958, il trasferimento al Tribunale di Palermo, dove venne assegnato all’Ufficio Istruzione Penale. Come Giudice Istruttore, ebbe rapidamente a dare prova di straordinarie capacità investigative e di grande impegno e determinazione; per tale motivo gli furono assegnati procedimenti complessi e delicati per gravi fatti delittuosi ascrivibili alla locale criminalità organizzata, che all’epoca si faceva ancora fatica a chiamare “mafia”, anche negli stessi ambienti giudiziari. Invero, durante gli anni della sua permanenza a Palermo, protrattasi fino all’agosto 1971, il livello di conoscenza del fenomeno mafioso era ancora rudimentale e lacunoso; gli strumenti investigativi in possesso degli inquirenti risultavano molto scarsi ed assolutamente incomparabili con quelli attuali; gli atteggiamenti di omertà si presentavano granitici ed impenetrabili; la consapevolezza sociale e la stessa disposizione di buona parte delle istituzioni erano normalmente caratterizzate da indifferenza, sottovalutazione, se non da effettiva connivenza. 

In tale contesto, il dottor Terranova, operando con grande determinazione in un clima di sostanziale scetticismo ed isolamento, è stato certamente il primo magistrato ad affrontare le indagini di mafia con una visione unitaria, approfondita e “moderna” del fenomeno; a coglierne i connotati specifici, l’evoluzione inarrestabile, la diffusione crescente e pervasiva nella vita sociale, economica e politica, ad evidenziare la necessità di strumenti investigativi adeguati, in grado di attingere anche ai profili patrimoniali, così aprendo la strada alle elaborazioni normative ed operative del decennio successivo, che tuttora costituiscono la base dell’attuale azione di contrasto al fenomeno mafioso. Le sue indagini si indirizzarono, in particolare, verso la famiglia mafiosa di Corleone, della quale ebbe già da allora a cogliere i connotati di ferocia, risolutezza e volontà espansiva, che avrebbero costituito i presupposti della sanguinosa “guerra di mafia” scatenatasi negli anni successivi. La sua attività lo aveva quindi reso particolarmente inviso agli stessi “corleonesi”, che lo inserirono tra i loro “nemici giurati” all’interno delle Istituzioni, destinati prima o poi ad essere eliminati.Conclusa l’esperienza a Palermo, il dottor Terranova fu nominato, nell’agosto 1971, procuratore della Repubblica di Marsala, dove fornì grande manifestazione delle sue spiccate qualità di inquirente risolvendo il clamoroso caso dell’omicidio di tre bambine, cui fu data grande rilevanza nazionale. Nel maggio 1972 lasciò temporaneamente la magistratura per candidarsi, con successo, alle elezioni della Camera dei Deputati, della quale entrò a far parte per la sesta e settima legislatura, fino al giugno 1979; divenne – tra l’altro – componente della Commissione Parlamentare Antimafia, alla cui attività apportò un notevole contributo, frutto della sua consolidata esperienza sul campo.Terminata l’esperienza politica, ottenne in poco tempo il rientro in magistratura presso la Corte d’Appello di Palermo, candidandosi contestualmente all’incarico di Consigliere Istruttore dello stesso Tribunale, con l’intenzione di mettere a frutto nel modo migliore l’esperienza particolarmente qualificata acquisita sia come magistrato inquirente, sia come parlamentare e componente la Commissione Antimafia.Lo accompagnavano inoltre la sua inalterata passione investigativa ed il forte e conclamato proposito di tornare ad operare per il bene della sua terra.Ma per la mafia tutto ciò costituiva motivo valido per decretarne l’eliminazione.

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