Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

L’INTERVISTA a RENATO CORTESE, QUESTORE DI PALERMO

di GIOVANNI PEPI 1/

Il contrasto della mafia è un punto forte del programma. Ma qual è lo stato delle cose che il nuovo governo deve fronteggiare? Ne parlo con Renato Cortese, questore di Palermo. Lo incontro nel suo ufficio a piazza della Vittoria. Una stanza ariosa, mobili antichi e grandi finestre sullo splendore di palme e di cielo di vill a Bonanno.

 renato cortese, questore di palermo

Cominciamo da qui, signor Questore: “ Il procuratore Francesco lo Voi sintetizza in poche parole: la mafia c’è anche se è meno forte di prima..!” Lei è d’accordo ? E cosa c’è ora. ? Cosa c’era prima ?

Decenni di contrasto qualificato hanno certamente indebolito l’associazione mafiosa, disarticolandone le gerarchie e sottraendole ingenti quantità di capitali illecitamente acquisiti.Prima c’era una mafia che, come un Moloch, soffocava in maniera capillare il tessuto socio-economico, dotata com’era, peraltro, di una solida ala militare…”

Ed oggi invece ?
“ Oggi la minaccia mafiosa persiste e non bisogna abbassare la guardia. Dobbiamo, però, riconoscere che si è indebolita l’ala militare e, conseguentemente, si è connotata per un minor potenziale di penetrazione nel consesso civile.”

Vediamo ritornare gli “scappati “ al vertice. Scelta strategica per tornare ai vecchi metodi o necessità per colmare i vuoti ?
“Gli assetti della governance mafiosa si sono nel tempo modificati, grazie soprattutto alle centinaia di arresti effettuati negli anni. Spesso, però, i cognomi dei soggetti arrestati nelle indagini dei nostri giorni sono quelli “blasonati” del passato….”

E come lo spiega ?

“Le azioni di contrasto ed il fisiologico venir meno, anche per cause naturali, dei vecchi rappresentanti del gotha mafioso hanno certamente lasciato dei vuoti nelle gerarchie dell’associazione.Proprio da questo angolo visuale credo che vada, quindi, analizzato il fenomeno del rientro degli “scappati” dalle guerre di mafia degli anni 80.

Se la mafia c’è , la pressione sull’economia resta. In quali settori è più presente? Dove si concentrano i suoi affari ?
“ Le recenti indagini evidenziano che il core business dell’associazione è il traffico di stupefacenti. Il panorama degli appetiti criminali dei boss si è inoltre arricchito di un altro, lucrativo settore: le scommesse clandestine…”

Da cosa è motivato questo passaggio ?
I successi investigativi conseguiti nel campo delle pratiche estorsive e la flessione delle commesse pubbliche, dovuta all’oramai pluriennale crisi economica, hanno in realtà orientato l’associazione ad investire maggiormente su attività che, come la droga e le scommesse, assicurano ampi profitti con minori rischi.

Il consenso sociale della mafia si restringe ? Ha degli esempi da fare al riguardo ?

“ Negli ultimi anni abbiamo registrato una atomizzazione del monolitico consenso – spesso indotto dalla paura – che sosteneva l’associazione in tutti i quartieri, interessando tutte le classi sociali. Basti pensare che è stata finalmente spezzata, nel dibattito pubblico, la “cortina di ferro” che impediva persino di pronunciare la parola “mafia”.

2 /

Signor questore , Lei diceva nella prima parte di questa intervista che si è “atomizzato” il consenso monolitico di cui la mafia ha goduto per anni. E’ senz’altro così. Ma in non pochi  quartieri, a Palermo, vediamo elementi evidenti di simpatia verso i boss, come le silenziose manifestazioni di solidarietà durante gli arresti …

 renato cortese, questore di palermo 

“Rimangono, purtroppo, aree urbane in cui le persistenti condizioni di degrado socioeconomico di alcune fasce della popolazione che vi abitano agevolano il mantenimento di quel consenso. Per incidere su queste sacche di resistenza al cambiamento non bastano, tuttavia, le azioni di contrasto condotte da magistratura e forze dell’ordine.”

E cosa serve allora ?

“Sono convinto che ,per incentivare il cambiamento culturale, occorra rilanciare quelle aree, migliorandone la vivibilità attraverso servizi pubblici, infrastrutture, scuole efficienti. Rendere, in altri termini, tangibile sul territorio la presenza delle istituzioni pubbliche.”

Comunque Lei ha ragione , una dissociazione è in corso da  tempo tra mafia e società. Il cambiamento ha ritmi soddisfacenti ? O si è a passi ancora lenti ? E, in tal caso, cosa può rendere può veloce la corsa ?

“Se pensiamo che la storia dell’associazione mafiosa è lunga almeno 160 anni, non sarà difficile comprendere che venti o trenta anni non rappresentano che un breve arco temporale per un fenomeno così radicato nella società italiana. Il cambiamento va certamente assecondato: ciò che è importante è che la parola “mafia” non sia sottovalutata nella scala di priorità delle agende governative.”

Nella denuncia del pizzo , in particolare, come vanno le cose ? Ancora qualche anno fa, un procuratore a Palermo diceva: “Denunciano, certo: ma sono decine , non ancora  centinaia….” Siamo ancora a valori analoghi ?

“Negli anni 80 e 90, quando nelle strade delle città siciliane scorrevano fiumi di sangue per gli omicidi di mafia, era impensabile che qualcuno denunciasse il pizzo. Chi lo faceva, come Libero Grassi, veniva emarginato anche dagli altri commercianti e, come tale, abbandonato ad un pericolosissimo isolamento. “

E oggi ?

“Oggi registriamo collaborazioni delle persone offese dalle estorsioni. Il cammino verso il completo affrancamento dal giogo del pizzo, strumento di controllo del territorio per l’associazione, va però costruito quotidianamente. Se è vero che sono poche le collaborazioni delle persone offese, è anche vero che gli attuali dati vanno contestualizzati in riferimento ad una pressione estorsiva che, rispetto al passato, si è notevolmente ridotto “

Ci sono meno rapporti tra mafia e politica. Viene fuori dalle vostre inchieste. E’ cambiata la mafia o è cambiata la politica ?

“Direi che sono cambiate entrambe. Viviamo oggi una crisi del sistema politico intimamente connessa alla crisi economica degli ultimi anni. I flussi del denaro pubblico, a sostegno di quelli che erano un tempo lucrosi appalti, sono stati drasticamente ridotti. Ne deriva che la leva delle commesse pubbliche quale strumento di gestione di illeciti rapporti tra mafia e politica si è, in parte, inceppata.”

Solo questo ?

“ No: Aggiungerei che, anche a causa dell’effetto deterrente prodotto dalle numerose azioni di contrasto  condotte negli anni dalle forze dell’ordine, l’establishment politico è più accorto rispetto a collusioni con esponenti mafiosi, un tempo di solare evidenza “

Sono forti invece i rapporti con la burocrazia. Qui si è a una crescita rispetto a prima ?

“Le rispondo con due considerazioni. La prima. L’economia mafiosa necessita del malaffare amministrativo per poter proliferare. La seconda. Un apparato burocratico mastodontico e farraginoso agevola lo sviluppo delle attività criminali dell’associazione. Risulta quindi auspicabile, da un lato, che le pratiche corruttive vengano sempre analizzate quali indici rivelatori di attività illecite riconducibili alla criminalità organizzata; dall’altro la via maestra per scindere il binomio corruzione/mafia , e per scongiurare il ricorso, da parte del cittadino, al sistema delle corruttele rimane quella della semplificazione e della trasparenza delle procedure amministrative.

Emerge a Palermo , ma anche in Sicilia penso, una mafia nigeriana. E’ ipotizzabile un asse con Cosa Nostra

“Palermo è stata in campo nazionale la prima città ad accendere i riflettori sulla mafia nigeriana. Le ultime indagini, che hanno condotto a vari arresti, non hanno fatto sinora registrare connessioni tra tale fenomeno e Cosa Nostra.”

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