Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

(clicca sulla foto per vedere immagini sulle piante dell’Orto )

GLI ALTRI  TITOLI : Ed ecco i dinosauri di Palermo / Sophora , la signora del profumo / Fiorisce il Bombax e siamo ai tropici / La Chelidonia, emostatico e calmante / Le felci arboree nell’Orto che cambia /  Le strelizie esperte nell’arte di vivere / Si pianta la stregonia, il buon calmante )

 

 

Commentando la mia foto sull’Orto botanico, ieri, la signora Nicoletta Taiappa scrive fra l’altro: ” Sono stata in marzo all’orto ..e mi sono chiesta perchè versi in uno stato di degrado e di abbandono desolante”Mi chiede se qualcosa da allora è cambiato. E’ cambiato eccome, signora. Mi piace rispondere con una foto. Ritrae un nuovo arrivo, quello delle felci arboree, piantate proprio stamani. Una bella giornata. Il professor Rosario Schicchi, che dell’Orto è direttore, si lascia andare a una battuta: ” Aspettiamo i dinosauri adesso..” Perchè di queste felci i piccoli dinosauri erbivori si nutrivano 200 milioni di anni fa. ( e i dinosari sono arrivati: sono esposti nella serra della Regione come si può leggere in altri titoli di questa rubrica)  Si è allegri. Perchè vede signora, all’Orto si cambia. E non tutto si vede. Ma ,come il professor Schicchi ricorda, sono stati ristrutturati gli impianti di innaffiamento, bonificate le serre delle cactacee, rimesse a dimora piante morenti, razionalizzate , con potature appropriate,  grandi bellezze come le Corisie e i Ficus, c’è di nuovo l’acqua nelle otto piccole vasche, con gli impianti di nuovo funzionati e i tubicini di rame che servono pure a contenere la procreazione di zanzare. Sono stati messi a posto bagni e biglietteria. Torni all’Orto, signora Taiappa, e troverà aria nuova e nuove cose. E non si può non  ringraziare il direttore Schicchi, il curatore Manlio Speciale ed il professor Paolo Inglese che sta dando nuovo smalto al patrimonio museale della nostra università. Ma non smetta di osservare, segnalare e denunciare. Si è dalla parte dell’Orto anche così, gustando ciò che cambia in meglio e pretendendo che in meglio si cambi ancora. Coniavo uno slogan qualche anno fa. L’’Orto è nel bello di Palermo. E Palermo , nei suoi punti belli, deve essere bella.

 

 

ARRIVA IL GRANDE RETTILE VOLANTE 

A Palermo, dentro l’Orto Botanico, il salto è fatto. I due dinosauri non sono soli. Tra loro, nella serra tropicale, sospeso nel vuoto, c’è il calco di un volatile. Si chiama Anhanguera. Vuol dire “ anima vecchia” e prende nome dalla città del Brasile dove affiora il bacino nel quale è stato trovato.   E’ vissuto 110 milioni di fa. Si cibava di pesci. Che catturava, come oggi tanti successori, a cominciare dai gabbiani e , molto più somiglianti, dai pellicani, sfiorando l’acqua dopo una caduta in picchiata. Per questo il suo cranio è allungato ed è dotato di due carene che lo rendevano agile ed aerodinamico. La sua posizione nella serra, curata da Carolina di Patti e Filippo Pecoraino , conservatori del museo Gemmellaro, rende bene lo straordinario spettacolo di questo gigante che si muoveva nell’aria. E’ alto più di un metro ma le ali si allargano fino raggiungere i cinque.  E’ non è l’apertura più grande, annota Pecoraino . Nello stesso bacino di “ anima persa”, è stata scoperta una grossa concentrazione di fossili e di rettili voltanti e , fra questi, alcuni esemplari di diverso nome, raggiungevano una apertura alare quasi tre volte più lunga, intorno ai 13 metri. Non erano vere a proprie ali. Spiega Carolina di Patti: “ Parlerei di membrane, prolungamento di un dito della zampa , appiccicate al corpo. Venivano aperte al momento del volo. Una volta richiuse  davano ad Anhanguera la possibilità di essere quasi un quadrupede.”  Stanno insieme dunque nella serra tropicale, i due dinosari di cui si è scritto ( Clicca )con questo rettile volante , della cui riproduzione è autore un paleontologo siciliano. La loro destinazione finale è il museo gemellaro. Non avevano rapporti fra loro i molti milioni di anni fa in cui sono vissuti. I dinosauri scorrazzavano nelle pianure e nelle savane. I volatili , quando scendevano dal cielo, si posavano nelle alte scogliere e li restavano. Ma per mesi all’Orto staranno insieme nella piccola serra, dove si riassume l’evoluzione di un mondo perduto.  Scolaresche e visitatori potranno aver conto dell’evoluzione di varie fasi, dal triassico superiore al cretaceo, passando per felci, cicas , conifere e angiosperme dai fiori maestosi. Un bel viaggio per capire meglio e di più quanto il futuro sia legato passato.  14 Aprile 

ECCO I DINOSAURI DI PALERMO dinosauri di Palermo. Eccoli. Stanno all’Orto Botanico, nella serra tropicale. Saranno esposti qui per qualche mese,
prima di stabilirsi nella loro sede designata, il museo Gemmellaro. Eccoli, al caldo, ciascuno nella sua aiuola. Sono la riproduzione esatta degli originali. Nelle aiuole c’è la “loro” fauna, felci, cicas, conifere per scandire i passaggi dell’evoluzione reale. Ciascuno  ha una sua storia, un valore specifico per la scienza. Li chiamo, impropriamente il Grande e il Piccolo, per la differenza di dimensioni evidente.

  Il Piccolo è il più “anziano” E’ il quarto scoperto al mondo . “Quando lo hanno trovato non aveva nome, di dinosauri si comincia a parlare nel ’42”:  mi dice Carolina D’Arpa, conservatrice del Gemmellaro, che insieme alla collega Carolina Di Patti segue le operazioni accanto a Filippo Pecoraino che ha allestito gli spazi espositivi. Si chiama Thecodontosaurus antiquus . Ha 210 milioni di anni. E’ alto 60 centimetri. E’ lungo 2 metri e mezzo. Gli specialisti lo indicano come il primo dinosauro erbivoro. Da qui la sua bocca. I denti non sono saldati alla mandibola ma in particolari alveoli. Viveva in piccoli gruppi, nel territorio di Bristol coperto dal mare. Nota la D’Arpa: “La sua taglia è paragonabile a quella di una cane di medie dimensioni come un  Labrador.”Un “cucciolo” rispetto al Grande che lo domina dall’angolo di fronte.

 Lui è un “Carnotaurus sastrei “, ossia un “toro mangiatore di carne “. Il nome è legato a due corna sul capo. E’ stato ritrovato nel 1984. Ha settanta milioni di anni. E’ alto tre metri e mezzo. E’ lungo 7 metri. E’ possente nella linea, trionfante nel portamento. Dominava , da predatore feroce, i territori dell’ Argentina. La sua forza è nelle zampe posteriori, quelle anteriori sono , dicono le conservatrici, “vestigiali”, senza funzioni, quasi un ornamento inutile o utile solo per la scena. Mi raccontano i curatori che , di questo dinosauro, si è potuto conoscere anche la pelle : :“impronte costituite da piccole scaglie di circa 5 millimetri di diametro, giustapposte come in un mosaico”. Eccoli qui i dinosauri. Sono con loro Fabrizio Micari, il rettore dell’Università da cui l’ Orto dipende, Paolo Inglese, il capo degli spazi museali, Rosario Schicchi, il direttore, Manlio Speciale, il curatore. Grande vertice. Da grandi occasioni. Paolo Inglese sorride ” Con i dinosauri non possono che starci i dinosauri”. Scherza. L’umore è buono. Si capisce perchè. Le cose cambiano all’Orto. In meglio . 6 Aprile PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’ORTO CLICCA QUI 

SOPHORA, LA SIGNORA DEL PROFUMO Vista dai giardini di via Lincoln, a Palermo, la Pasqua richiama una pianta più di altre.   Si chiama Sophora secundiflora. “Fa parte delle papilionacee “, mi dice Manlio Speciale, curatore dell’Orto botanico. Legando scienza e buone letture, ha trovato un nome bellissimo. “ E’ la signora del profumo”  E ride compiaciuto. Non ha torto. Questa pianta ha molto di certe eroine ottocentesche. Nelle altre stagioni vive schiva, riservata, quasi in anonimo. E’ circondata da acacie come l’ “orrida “, forte e spinosa , come l’arancio trifogliato che la guarda a distanza, o dalle eritrine. Ora che fiorisce, la sua bellezza conquista e incanta. Il fiore è prezioso e ricco, un grappolo di petali ( “ racemo “ annota Speciale “ lasso” , perchè rivolto verso il basso ). Dal colore mutante, tra il viola e l’azzurro. Il profumo, intenso e invadente,  cattura. La “signora” se ne serve alternando dolcezza a ferocia.  Lei vuole destinare i suoi fiori all’aria e al cielo, tenerli liberi tra prati, rami e terra. Se provi a catturarli , li imprigioni nel vaso di una stanza, scatena una reazione fortissima. Gli effluvi esplodono come fuoco, l’odore diventa stordente, fino a far svenire chiunque provi a imprigionarla  ( “Provare per credere” mi dice Speciale. Ma io credo e non provo). E’ originaria degli Stati meridionali. Dal Texas al nuovo Messico. E’ elegante,  svettante. Il suo tronco può raggiungere gli otto metri. Le foglie sono di un verde cupo. Ma non rinuncia all’abbondanza delle forme se necessario. Spiega Manlio Speciale: “La sua chioma è tendenzialmente globosa. E se non viene potata può ricadere fino al suolo” Diffusa in Sicilia ? “ E’ poco comune , nonostante la fioritura splendida. Ma esemplari annosi si trovano in ogni spazio storico di Palermo. Da Villa Sperlinga a Villa Trabia, a Villa Garibaldi, ai Giardini Reali di Palazzo dei Normanni.“ In tutti i giardini che la ospitano si muove da padrona, s’avanza e si espande senza regole, secondo trame sinuose e imprevedibili. Chi pensa di prenderla ne è preso. I giardinieri che si alternano nell’Orto sempre se ne innamorano irretiti dai suoi odori. “Tutti propongono di espanderla negli spazi possibili ” racconta Speciale. Hanno ragione. Buona Pasqua. 31 Marzo

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LA CHELIDONIA CHE SCONFIGGE LE VERRUCHE   Palermo, nell’Orto botanico, fiorisce la  chelidonia.

 Si espande a tappeto, dove un tempo si sperimentavano le piante  delle colonie. Il nome viene dal greco, vuol dire rondine. E’ antichissima. Cresce spontanea ormai in tutto il mondo, cura animali e uomini. Rami e foglie , strofinati negli occhi dei piccoli delle rondini, agevolano la schiusura degli occhi. Gli uomini e le donne che sanno di medicina popolare, la usano per asciugare porri e verruche ed anche per screpolare le callosità della pelle. Mi spiega tutto Rosario Schicchi, direttore dell’Orto. Mi mostra un dito e chiede: “Cosa vedi ?” Non vedo nulla. Mi fa guardar meglio e scorgo un piccolissimo alone chiaro. E’ l’invisibile traccia di una verruca curata con questo vegetale. “Ho fatto cosi’..” mi dice. Recide un piccolo ramo,  lo stringe tra le dita, sgorga un lattice di colore arancione. Delicato nel colore , è feroce sulla pelle : sgretola escrescenze e durezze con una efficacia che impressiona. E’ della famiglia dei papaveri. Le foglie sono verdissime. I   fiori sono piccoli, graziosi e gialli. Di un giallo vivo e forte come vivo e forte  è il rosso dei papaveri. Non è l’unica pianta che può aggredire porri e verruche. Lo stesso , mi dice Schicchi , possono fare i fichi quando ancora sono acerbi e piccoli: basta spremere ed utilizzare il lattice bianco che vien fuori. Oppure quel liquido che viene fuori dalle melanzane  quando vengono gettate nell’acqua , una volta tagliate e riempite di sale. “Ma il lattice della chelidonia è più efficace” Sa moltissimo Schicchi di vegetali e medicina popolare. Sta scrivendo un libro per raccontare quanto le piante sanno  fare per gli uomini, per dare bellezza e salute al loro corpo , quanti farmaci e cosmetici vengono dal verde. Si potrà riflettere, leggendolo, su quanto ingenerosi siamo noi uomini nel togliere , giorno dopo giorno , salute e bellezza alle piante 28 marzo PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’ORTO CLICCA QUI 

FIORISCE IL BOMBAX E SIAMO AI TROPICI Nell’Orto botanico di Palermo fiorisce il Bombax. Manlio Speciale, il curatore, me lo dice con un senso di orgoglio e di euforia:  “ Un vanto per l’Orto palermitano.

E’ un albero asiatico. Supera i 30 metri. Il tronco , alto e slanciato, è fornito di un numero variabile di spine” Già, è un vanto. I suoi fiori, rossi e carnosi, fanno sognare.  Sembrano, a Speciale, “ ninfee fuggite in volo dalla grande vasca “ Quando , come le vedevo ieri dal basso, sono attaccate ai  loro rami , somigliano a straordinari ricami cuciti da mani esperte e pazienti. Il tronco appare forte, possente. Fa buon legno ?“ No. Malgrado le grandi dimensioni che raggiunge, il suo legno, è molto poroso. Ha scarsa consistenza. Non è utilizzabile in falegnameria..”Bello e inutile questo Bombax.. “ Tutt’altro. Pensiamo ai suoi frutti. Capsule che contengono fibre cotonose con  numerosi semi di forma ovoidale. Sono di grande uso nella medicina tradizionale in India” Ma l’uso ornamentale è prevalente .. “ Si. Il bombax popola i giardini di molti paesi. Ma è molto utilizzato in quelliasiatici. In Pakistan, India e Vietnam, e in tutta la fascia tropicale del globo. E’ poi importante l’ interesse etnobotanico ”Perchè ? “Perché a questa pianta si legano svariati miti, leggende, canzoni, usi e costumi locali” Lasciamo questo albero nel suo dialogo con il cielo. Camminiamo  nel tappeto di foglie secche che costeggia il grande cancello ( l’eterno restauro è ancora in corso) su Villa Giulia . Molti i fiori caduti sul terreno marrone e verde. Non perdono la loro bellezza. La mostrano, anzi, alteri e forti, quanto intatti, imperturbabili all’assalto della pioggia e del vento. E rivelano particolari che sfuggono all’occhio quando ancora, in cima al tronco, affollano i rami.  Ciascuno ha cinque petali. Di un rosso vivo che si schiarisce verso il centro dominato dal nero, dove si forma un grappolo di filamenti leggeri. “Un vanto per l’Orto..” mi ripete Speciale.  “ E’ la più chiara dimostrazione della nostra connotazione tropicale. Sia climatica che vegetazionale.” L’Orto è l’unico in Europa dove questo incrocio tra mediterraneo e tropicale può realizzarsi. Già, a Palermo può esserci molto, quasi tutto. Non sempre di questa qualità si è fatto buon uso  (gp ) 20 marzo PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’0ORTO CLICCA QUI 

SI PIANTA LA STREGONIA, IL BUON CALMANTE A Palermo, nell’Orto Botanico, piantano l’erba stregonia. Dopo  un viaggio lungo, durato milioni di anni. Nel raccontarlo, Rosario Schicchi, direttore dell ‘Orto, sa essere icastico per parlar chiaro, come ogni accademico di razza.   Mi dice : “Questa pianta viene dalle steppe della Siria, siamo almeno a cinque milioni di anni fa, quando, per una crisi di salinità del Mediterraneo , animali e vegetali si spostavano dall’Africa verso Nord.” Tra questi la Stregonia . E perchè si ferma nelle Madonie ? “Ecco il punto. Ci sono distese calcaree antiche li’. Risalgono a 230 /240 milioni di anni fa. Che poi si mutano, si mescolano, in un passaggio che somiglia a cucchiai di caffè sul latte. Vi si innestano suoli più recenti, quarzarenirtici, dal colore marrone”! Come il caffè, appunto. Che piace alla stregonia… “No. La stregonia preferisce il latte… Cioè il calcare. E perchè “Perchè è secco. Le distese calcaree sono segnate da crepe. L’acqua non ristagna. Scivola , sprofonda  negli abissi e alimenta le falde. La pareti restano asciutte. E qui la stregonia trova il suo ambiente migliore.” E’ pianta bella e ambigua,  questa stregonia. I fiori sono gialli. Le forme sono delicate, esili e fragili al primo sguardo. Ma la loro fibra è consistente. Le foglie sono lunghe , cotonose, rigate da una peluria intensa. La cui funzione è provvidenziale. Perchè protegge foglie e fiori dagli assalti del sole, respingendone , come specchi, gli attacchi. Così la pianta sopravvive nei secoli , offrendo agli uomini servizi e tutele. E’ pianta utile infatti. I pastori la usano come emostatico. E’ poi buona per curare raffreddori e sinusiti . E’ un calmante per la tosse e un integratore di ferro.  Chiedo a Schicchi : perché ora dalle Madonie all’Orto di Palermo ? Mi risponde, non senza motivato orgoglio : “Per avviare la nuova collezione di piante  medicinali . Perchè noi vogliamo crescere. “ E anche negli abissi della storia , l’Orto cerca e trova una via per il suo futuro. 5 marzo PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’ ORTO CLICCA QUI 

LE STRELIZIE ESPERTE NELL’ARTE  DI VIVERE A Palermo, nelle aiuole dell’Orto Botanico, hanno piantato delle strelizie particolari che più di altre conoscono l’arte di vivere. Si tratta della specie S. juncea. Per ora sono piante piccole nell’ampio piazzale dedicato a Bernardino d’ Ucria, il botanico che importò nell’orto il sistema di classificazione delle piante inventate dal grande Linneo, merito poi disconosciuto, perchè  d’Ucria , nel settecento, fu direttore mancato dell’Orto, cosa che gli provocò grande dolore e , forse, gli costò una morte per crepacuore, ma questa è un’ altra storia. Nel piazzale fioriscono le strelizie regine dalle infiorescenze rosso arancio, poi le “ Mandela’s Gold” dai fiori gialli e già si vedono dal basso, in cima ad un’altra specie, la S.Nicolaii, che svetta altissima, i boccioli enormi dal corpo violaceo con sopra i fiori bianchi. Proprio ai piedi di questo gigante fioriranno le juncee, arrivate da poco per una scelta del curatore Manlio Speciale. Come le altre, vengono dal Sudafrica, dove il fiore è un simbolo nazionale, scolpito nelle monete, stampato nei francobolli. Ma vivono in  zone più aride e meno fortunate. Cosi’, non avendo acqua sufficiente, hanno rinunciato alle foglie per continuare a fare i fiori. I suoi piccioli sono aste appuntite senza le belle, sinuose lamine delle compagne di piazzale , esili e insignificanti prima di  esplodere nei colori arancio , giallo e blu intenso dei fiori. Spiegandomi le cose, Manlio Speciale cita Daniel Chamovitz e il suo saggio sulla intelligenza dei vegetali. Il discorso cade poi sul libro di Stefano Mancuso che ha scritto delle piante che parlano. Speriamo che sia vero e che , prima o poi, riusciremo ad intenderci con loro. Avrebbero molto da spiegare agli uomini sul saper vivere. 7 febbraio PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’0ORTO CLICCA QUI 

LE FELCI ARBOREE NELL’ORTO CHE CAMBIA Commentando la mia foto sull’Orto botanico, ieri, la signora Nicoletta Taiappa scrive  fra l’altro: ” Sono stata in marzo all’orto ..e mi sono chiesta perchè versi in uno stato di degrado e di abbandono desolante” Mi chiede se qualcosa da allora è cambiato. E’ cambiato eccome, signora.

 Mi piace rispondere con una foto. Ritrae un nuovo arrivo, quello delle felci arboree, piantate proprio stamani. Una bella giornata. Il professor Rosario Schicchi, che dell’Orto è direttore, si lascia andare a una battuta: ” Aspettiamo i dinosauri adesso..” Perchè di queste felci i piccoli dinosauri erbivori si nutrivano 200 milioni di anni fa. Si è allegri. Perchè vede signora, all’Orto si cambia. E non tutto si vede. Ma ,come il professor Schicchi ricorda, sono stati ristrutturati gli impianti di innaffiamento, bonificate le serre delle cactacee, rimesse a dimora piante morenti, razionalizzate , con potature appropriate,  grandi bellezze come le Corisie e i Ficus, c’è di nuovo l’acqua nelle otto piccole vasche, con gli impianti di nuovo funzionati e i tubicini di rame che servono pure a contenere la procreazione di zanzare. Sono stati messi a posto bagni e biglietteria. Torni all’Orto, signora Taiappa, e troverà aria nuova e nuove cose. E non si può non  ringraziare il direttore Schicchi, il curatore Manlio Speciale ed il professor Paolo Inglese che sta dando nuovo smalto al patrimonio museale della nostra università. Ma non smetta di osservare, segnalare e denunciare. Si è dalla parte dell’Orto anche così, gustando ciò che cambia in meglio e pretendendo che in meglio si cambi ancora. Coniavo uno slogan qualche anno fa. L’’Orto è nel bello di Palermo. E Palermo , nei suoi punti belli, deve essere bella. PER VEDERE GLI ALTRI MIEI SCATTI SULL’ORTO CLICCA QUI 

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