Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Lo Svimez è esplicito: Il Sud va in recessione.E siamo al già visto, già sentito. L’italia va avanti, sia pur debolmente , Il Sud va indietro. Come sempre negli ultimi vent’anni. Ne discutevo ieri, quando il report dello Svimez non era noto,  con Chiara Placenti  su InBlu Radio. Si cominciava dal dato che poi Svimez avrebbe riproposto : per colmare il divario che cresce tra le due Italie, si dovrebbero creare tre milioni di posti di lavoro.  

 giovanni pepi 

Impossibile crederci. Tanto più adesso quando anche le regioni del centronord hanno difficoltà a fronteggiare una concorrenza di segno nuovo, con molte regioni che praticano politiche fiscali e sistemi di attrazione degli investimenti sempre più arditi. Luca Bianchi , che da anni dirige bene l’istituto, ha poi dovuto riproporre altre cose.  Che , come ogni anno, impressionano, scandalizzano e poi si dissolvono nella nebulosa del dibattito pubblico. A sud nulla di nuovo è sotto il sole. Nel suo territorio vive un terzo degli italiani. Ma produce poco meno di un quarto del reddito. Il pil procapite è la metà di quello del centro nord. La disoccupazione è prossima al 20 per cento, ossia il doppio di quella del paese. Diseguaglianze e povertà si allargano. La dotazione di infrastrutture, ed anche di servizi essenziali, è più che precaria. Giuseppe Conte, presidente del consiglio, interviene nella presentazione del rapporto, primo presidente a farlo. Promette priorità per il  Sud. Speriamo bene. Finora, come si diceva con Chiara Placenti ,non è stato così. Anzi. Si va di male in peggio. Ora, pure la Ue , minaccia l’italia di tagliare i fondi per il nostro mezzogiorno, dal momento che i governi di Roma danno al Sud meno del dovuto. Poi non si rispetta la legge che impone flussi di investimenti pubblici equivalenti al numero dei residenti. Si dovrebbe essere al 34 per cento. Non si supera il 28.

No, nulla di nuovo sotto il sole. Cosa si vuole fare ? Dice Giuseppe Conte: “Se cresce il Sud cresce l’Italia ? “ Lo diceva già, Mario Draghi, più di dieci anni da governatore di Bankitalia. Lo ripeteva, Fabio Panetta , direttore generale,  qualche settimana fa . E allora ? Servono, ecco il punto, ora e subito, segnali di discontinuità. Da Roma intanto.  Chiarire come e quando mettersi in linea con la Ue perché i fondi di quest’ultima per il Sud siano aggiuntivi e non sostitutivi. Come e quando, poi, portare gli investimenti pubblici al 34 per cento almeno. E fissare l’obiettivo di non perequare tra e nord e Sud ma sperequare , dando più a Sud , per favorire quella crescita che serve  al nord.  Come ricorda Panetta  , il Sud “ è anche un problema per tutta l’economia nazionale” perché “ Un Mezzogiorno stagnante comprime il mercato domestico, a danno anche dell’economia del Centro Nord».

Nell’intervista su In Blu Radio ieri, Chiara Placenti, poneva la questione delle colpe del Sud. Ha ragione. Si è all’altra faccia di una brutta medaglia. Non meno importante della prima. A Sud servono mutazioni. Deve cambiare la politica che finora ha snobbato l’impresa privata come motore dello sviluppo, preferendo dissipare spesa pubblica per aver consenso. Con stipendi senza lavoro necessario, enti inutili e burocrazie tanto rapaci quanto inefficienti. Rompere contiguità e complicità ancora troppo diffuse con crimine organizzato e mafie , per quanto evoluzioni positive si sono prodotte in questi anni.  Deve poi cambiare quella cultura della dipendenza, che lega l’idea della crescita al provvidenzialismo statale, al posto fisso e sicuro senza  rischio. Non dimenticando quell’invito di Papa Wojtyla , nel discorso di Agrigento del ’93 , a “promuovere” , in zone con conta disoccupazione, una “ cultura dell’impresa”, “ il gusto della creatività’ in ogni campo  compreso quello economico “. Perché, aggiungeva Wojtyla,  “ Non ci si può aspettare tutto dagli altri , non si può’ pretendere tutto dallo Stato” . Potrà nutrirsi o no, di questi elementi di discontinuità,  l’intervento nel Sud ? Lo scopriremo solo vivendo, pere con Lucio Battisti. Intanto ieri, davanti al vertice dello Svimez, Giuseppe Conte, si impegna a dare priorità al Mezzogiorno “che non può attendere”. Un piano verrà presentato entro l’anno.  Non poteva partire da qui il programma del nuovo governo ? Non poteva, evidentemente. Si dovrà ancora attendere un piano per due mesi. “Piano” , brutta parola. Storicamente, a Sud , con i piani, si è sempre andati troppo piano. 

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