Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di LELIO CUSIMANO

Chi è attento al trend del Paese, avrà notato che fino a dieci anni fa eravamo soliti contrapporre il Centro-Nord al Mezzogiorno. Oggi invece, il Paese risulta diviso in tre blocchi: Centro-Nord, Mezzogiorno e Sicilia, con l’Isola sempre più attardata persino nei confronti del Mezzogiorno.

Per invertire il trend mi viene da pensare a un’autostrada a tre corsie: istruzione, ambiente e infrastrutture. La prima corsia si chiama istruzione . La presenza di giovani con una laurea raggiunge il 41% nell’Europa unita. La Sicilia è l’area con maggiore ritardo, con il 21% di giovani laureati, rispetto al 32% del Centro Nord. Basti considerare che in una regione come la Sicilia assetata di lavoro, un quarto dei pochi posti liberi resta scoperto per mancanza di profili adeguati, come ci ricorda il Rapporto Excelsior delle Camere di Commercio. La seconda corsia si chiama ambiente. In particolare, nella gestione dei rifiuti le quote di smaltite in discarica risultano minime in Trentino, in Lombardia e persino in Campania, con percentuali tutte sotto il 6%. In Sicilia si supera il 70%. Come tacere che l’unico termovalorizzatore del Mezzogiorno è in Campania e che nel centro-nord ce ne sono altri 53? Appare evidente quali spazi si aprano in alternativa. Gestire in maniera industriale i rifiuti non significa solo strade pulite  ma una straordinaria opportunità: di sviluppo per le imprese e di crescita per l’occupazione. La terza e ultima corsia si chiama infrastrutture. La distribuzione delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, marittime e aeroportuali penalizza in maniera evidente la Sicilia; da un canto, risulta particolarmente carente e, dall’altro, si caratterizza per i tempi di realizzazione decisamente più lunghi. In sostanza, non soltanto si fanno poche opere pubbliche ma per di più, quando pure si avviano, i tempi di esecuzione sono  dilatati. Un cenno in particolare merita il tanto discusso ponte sullo stretto di Messina.  Settecento anni dopo Marco Polo, si rilancia l’interesse strategico per il Mare Mediterraneo e per le grandi potenzialità di questo “piccolo” bacino, esteso meno dello 0,5% dei mari dell’intero Pianeta, ma nel quale già oggi transita quasi un quarto delle merci trasportate via mare nell’intero Pianeta. Non c’è nulla di male a essere pregiudizialmente contrari al ponte; ma non si possono mischiare le carte. La polemica più ricorrente si sintetizza in una battuta: “A chi serve”? Serve; eccome se serve! L’Autorità Portuale di Messina diffonde on line i dati riguardanti i flussi passeggeri e merci nello Stretto. Nel 2016 sono transitati 7.036.201 passeggeri e 5.943.203 tonnellate di merci. Eppure, con oltre sette milioni di passeggeri e con quasi sei milioni di tonnellate di merci, ancora ci si chiede: a chi servirebbe il ponte di Messina?

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