Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Nel titolo del Gazzettino di Sicilia di ieri, condotto da Mario Azzolini,  c’è la sintesi felice del primo giorno di scuola. “ “Non tutti in classe”. Le cose stanno così. Punto. Ma poi , nelle cronache dei primi notiziari della Rai la scuola sembra un eldorado. Banchi a distanza, sorrisi di festa, grembiuli puliti da prima uscita , insegnanti rassicuranti, dichiarazioni di ” entusiasmo e gioia.” Dal fronte opposto il catastrofismo delle opposizioni nega anche l’evidenza di una macchina complessa che , sia pure arrancando , si mette in moto. Certo, ci sono paradossi e clamori. Diventa subito virale , sul web, la foto di bambini in classe inginocchiati davanti alle sedie mancando i banchi. Ma si è , senza sorprese, al prevedibile stato delle cose. Che il presidente nazionale dei presidi espone con parole chiare all’agenzia Agi .  ““La scuola è cominciata con tutte le criticità che conosciamo: ritardi nella consegna dei nuovi banchi, organico non nominato, spazi carenti”. Aggiungendo “Finora è arrivato a destinazione solamente l′8% dei banchi, cioè 200 mila unità. Restano due milioni e 200 mila banchi che devono ancora essere recapitati agli istituti”.

Le cifre sono sconfortanti , meritano più di una critica. Nelle condizioni conosciute si poteva e doveva fare prima e meglio. Ma le cronache di ieri non registrano angosce da catastrofi. Lo stesso Giannelli riconosce un clima sereno senza difficoltà a rispettare le regole stabilite . Si è al normale andazzo di un paese che sa arrangiarsi, che trova fantasiosi stratagemmi.  Cosi’ arrancando la scuola va. Adeguandosi ai tempi nuovi. Tra mascherine e nuove distanze, disinfettanti e monoposto . Fin dove e per quanto, vivremo solo vivendo. Si poteva arrivare senza arrancare? Si doveva. La scuola vive , con le misure anti Covid , trasformazioni epocali. Nei modi di studiare , nelle relazioni, nei modelli di vita , nell’organizzazione familiare . La ripartenza è , come afferma il capo dello Stato Sergio Mattarella , “ una prova per la Repubblica” che esige in primo luogo unità. Invece ,  proprio la scuola , diventa adesso lo spazio centrale della divisione e della polemica. Tanto più che si svolge una campagna elettorale importante per le sorti del governo e per le strategie dell’opposizione.  

Il presidente del Consiglio , Giuseppe Conte , non nega “criticità “ dopo il primo giorno in classe. Si è esposto in prima persona in questi giorni .  Ha sostenuto il ministro al ramo dicendo che gestisce una situazione in cui si riflettono errori ed omissioni dei governi precedenti . Giudica impensabile si potessero recuperare in pochi mesi ritardi di anni. Ora , a parte che tra i governi precedenti ce n’è anche uno guidato da lui, a far pensare al miracolo di una ripartenza trionfale era proprio lui. Già ,il 5 agosto scorso, l’Ansa titolava: Conte: ‘Ora ripartiamo. Sulla scuola garantisco io’ . Riportando nel testo affermazioni perentorie: ” E’il mio impegno coi giovani, le famiglie, il Paese. Il mio impegno con insegnanti e personale. La scuola riparte, non ci sono dubbi”. Era il caso di parlare così ? Quando ieri, alla verifica dei primi conti, viene fuori che due milioni di banchi si aspettano entro ottobre , che più di centomila insegnanti devono essere nominati , che molte aule sono senza personale,  che Sud e Sicilia raggiungono record di istituti chiusi ? Non era il caso di parlare chiaro, dar conto di quanto ancora non c’era ? E favorire la riapertura migliore lavorando insieme con partiti dell’opposizione e i tanti soggetti che popolano il mondo della scuola ? Invece di insistere sull’idea di un governo puntuale nelle scadenze , operativamente efficiente quando non poteva esserlo ? Non sappiamo quale sarà il corso delle delle cose da ora in poi dentro la scuola e fuori.. Ma non sarebbe male che il governo , volendo durare malgrado tutto, seguisse un poco di più il consiglio di Confucio: “ “Sii molto cauto nel parlare, perché tu non abbia a vergognarti se le tue azioni non fossero state poi all’altezza dei discorsi.” Sarebbe una buona svolta el rapporto tra governanti e governati. Ma abbiamo visto finora esecutivi e ministri di ogni schieramento pronti a parole di impegno sempre, e, quando disattese, non vergognarsi mai.