Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

L’OPINIONE … di GIANFRANCO AMENTA

 avvocato, professore di diritto privato, vicepresidente della commissione regionale tributaria 

L’inaugurazione, pochi giorni addietro, dell’anno giudiziario tributario consente di confermare, con dati aggiornati, l’anticipazione effettuata, negli ultimi mesi del 2018, dal quotidiano “La Sicilia” che titolava “Fisco, in Sicilia è record di ricorsi in Commissione Tributaria”…..

.Ed invero nella nostra precedente riflessione sull’argomento avevamo segnato al 31.12.2017 una pendenza di circa 40.500 ricorsi.  Al 31.12.2018, trattando solo della Commissione Tributaria Regionale, cioè del secondo grado,  il numero è lievitato a 43.320 con un incremento del 6,9%.Deve altresì rilevarsi che, nell’arco del 2018,  sono pervenuti, sempre limitatamente alla Regionale, 9.655 nuovi ricorsi mentre ne sono stati definiti 6.873. Numero ovviamente insufficiente per smaltire l’arretrato e per diminuire i tempi; cifra comunque rilevante ove si consideri che il numero dei giudici e del personale si va, anno dopo anno,  sempre più assottigliando. Basti sottolineare che, per quel che concerne l’organico dei giudici, vigendo sempre la previsione del 2008, e cioè 21 sezioni e 126 giudici,  già restrittivo rispetto a quello del 1992 (37 sezioni -comprese quelle staccate di Catania e Messina- e 222 giudici) al 3.12.2018  risultavano operative 15 sezioni con un totale di 53 giudici – compresi presidenti e vice presidenti- che, pur se chiaramente insufficienti, hanno dato dimostrazione di impegno Giova ricordare che, pur a fronte di tale carenza, nel 2018, gli  appelli definiti hanno segnato un incremento di oltre il 20% rispetto all’anno precedente. Reale buona volontà dei giudici che, ricordiamo, non sono a tempo pieno, ma svolgono l’attività primaria in altre magistrature o in professioni.

Una curiosità: la sezione staccata di Catania ha il primato di ricorsi ricevuti e si attesta al terzo posto in Italia dopo Roma e Napoli ma prima di Milano. Tale patologica situazione, unita al ridotto bacino di contribuenti, è indice, per un verso, di un elevato tasso di evasione e, per altro verso, di uno strumentale tasso di litigiosità, anche per importi minimi, teso a ritardare la riscossione o sperare in condoni e rottamazioni che divengono comunque premianti. Ritengo non trascurabile la circostanza che la maggior parte dei gravami sono proposti dall’ufficio (Concessionario, Comune, Agenzia delle Entrate). Spesso però viene criticata una sentenza di primo grado ove il giudice ha molto chiaramente ed opportunamente giudicato. Ben difficile, quindi, un esito difforme. In altri casi il valore del contenzioso è talmente modesto che costa di più all’Istituzione retribuire gli impiegati destinati alla redazione dell’appello e –per quel che concerne il Ministero della Finanze- gli stessi giudici rispetto a quanto andrà a recuperare. Si attende sempre la riforma, richiesta da più parti e prospettata da ogni governo in carica. Abbandonato l’improvvido ritorno delle questioni tributarie alla magistratura ordinaria, già notevolmente appesantita, si profilano progetti di entrambi gli schieramenti al governo. E’ sempre preferibile una magistratura esclusiva formata da specialisti a tempo pieno, con un numero contenuto e con preclusioni nel proporre gravami non conducenti. Si velocizzerebbe l’esito e si andrebbe a  dissuadere chi utilizza lo strumento giudiziario per evadere o ritardare il versamento di quanto dovuto, effettuandosi così un indebito finanziamento, ovvero essere premiato da gli strumenti di salvezza.

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