Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

Fuochi di grande crisi esplodono al Sud. Chiude un altoforno dell’Ilva ( è solo l’inizio ?). Soffoca nei conti in rosso la popolare di Bari, maggiore banca del Mezzogiorno ( piove sul bagnato).

Giovanni Pepi

Su questa si arriva a un decreto. Ma la maggioranza si divide. Tra distinguo e insofferenze incrociate, il decreto sembra una toppa . Come sempre. Si annunciano novità e rilanci per l’anno nuovo. Ma il quadro resta vecchio. C’è un esecutivo alle prese con le contraddizioni conosciute. I due maggiori partiti che lo sostengono stanno insieme , per necessità, volendo svuotare il centro destra, in primo luogo la Lega di Matteo Salvini, dei consensi favorevoli che i sondaggi di giorno in giorno accertano ( e se flette la lega, vola la Meloni ) .

Del resto si sapeva. Si è all’amalgama mal riuscito come diceva Massimo D’ Alema per il Pd. Nicola Zingaretti sogna di dare al connubio un’ anima per per stringere , come osserva un bravo cronista, i bulloni di una maggioranza che sempre più si allenta. Ma così finirà con il dare al diavolo l’anima del suo pd. Non si è d’accordo sulla prescrizione perché il M5s è giustizialista ed il  pd garantista. Non si è d’accordo sul Mes perché il M5s resta almeno euroscettico ed il Pd è europeista. Non si è d’accordo sulle banche perché il M5s  vuole colpi dirompenti contro i poteri forti e il Pd pensa a riforme dentro il sistema. Non si è d’accordo con le tasse sulla plastica e sugli zuccheri, perché il m5s vede un fisco salvifico e invece Matteo Renzi , appena uscito dal pd, vuole conversioni in verde senza bilanci in rosso delle imprese. Si va avanti, poi indietro. Si decide poi si rinvia. Giuseppe Conte, capo del governo, media e rivolge appelli. E , dopo slittamenti e rinvii, si va a un vertice della maggioranza , “decisivo” per la sopravvivenza del governo. Il vertice non decide nulla. Il governo sopravvive lo stesso.

Intanto l’ economia non conosce attese. Il Pil ristagna. Europa e Fondo monetario sono in allarme per il nostro debito pubblico che, aumenta ( più di sei miliardi al mese secondo i conti di Unimpresa). L’industria flette e si è al settimo calcolo dell’Istat con il segno meno. Il Presidente Conte continua a sollecitare vertici risolutivi. Ma è come chi abbaia alla luna. Si va avanti cosi prendendo e perdendo tempo. Per scongiurare le elezioni, si spera, e rilanciare l’azione di governo. Ma si galleggia. Nell’immobilità permanente. Non ci sono elezioni. Ma neppure azione di governo.