Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

 

di LELIO CUSIMANO

Il tema del “fine vita” è carico di implicazioni profonde: etiche, religiose, sanitarie. Papa Francesco ha mandato un messaggio che esprime con chiarezza la posizione della Chiesa. E’ moralmente lecito rinunciare alle terapie o sospenderle, quando non corrispondono al criterio della proporzionalità della cura ed é da considerare lecita anche la sedazione profonda, quale mezzo per eliminare il dolore. Che cosa significhino sostanzialmente le parole del Papa, il Corriere della Sera l’ha chiesto a due eminenti studiosi: Antonio Spagnolo, direttore istituto di bioetica università Cattolica Gemelli, e Cinzia Caporale, comitato nazionale di bioetica.

La terapia diventa accanimento quando non da beneficio al paziente, né sul piano delle prospettive di guarigione né sul controllo o miglioramento dei sintomi.  In queste condizioni, sospendere la terapia non è certo eutanasia, ma significa consegnare il paziente alla naturalità degli eventi. Cosa diversa che interrompere volontariamente la vita.

Dopo l’approvazione della Camera dei deputati, ora il Senato potrebbe votare l’approvazione definitiva del cosiddetto testamento biologico; con esso il medico è tenuto al rispetto delle disposizioni anticipate dal paziente, così com’è obbligato a rinunciare a ogni forma di irragionevole ostinazione nelle cure e al rispetto della dignità della persona nella fase finale della vita. Il medico può ricorrere alla sedazione profonda palliativa. Come dice l’arcivescovo Vincenzo Paglia,  presidente della Pontificia accademia per la vita, ci vuole sempre discernimento per evitare che prevalga la rigidità delle regole. “ La verità non è un randello”.

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