Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

Pubblichiamo una sintesi del documento elaborato da Diste Consulting, coordinata dal responsabile scientifico Pietro Busetta, sulla situazione dell’economia in Sicilia nell’emergenza segnata dal Covid!9

ERA NECESSARIO UN LOCKDOWN COSÌ ?

Uscire dalla epidemia è già un grande successo. Ma come si presenta l’Economia siciliana dopo i tre mesi di lockdown? Intanto siamo sicuri che fosse necessario? Il Paese ha voluto adottare misure analoghe per situazioni totalmente diverse. Per i motivi più vari il virus al Sud non é attecchito, malgrado gli sforzi del Governo centrale e delle amministrazioni regionali di Lombardia e anche Veneto. Che hanno portato ad un esodo di ritorno dei nostri emigranti in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. Ora é l’ora di contare i danni. Si partiva senza aver recuperato i danni fatti dalla crisi del 2008 e come il gambero adesso faremo un ulteriore passo indietro, sia nella produzione di PIl che nel mercato del lavoro. Qualcuno é convinto che potevamo fare a meno di chiudere tutto e che questi provvedimenti erano adeguati ad una situazione più compromessa, ma tant’é anche i nostri governanti si sono fatti impaurire da quello che si vedeva a Bergamo, … e certamente non era facile decidere in modo diverso. Adesso bisogna ripartire con un progetto per l’Isola, con obiettivi precisi, sia in termini di recupero di Pil che di occupazione. Certo bisogna fare i conti con la gestione ordinaria e con le risorse limitate che si hanno oltre che con una maggioranza estrattiva che non ha voglia di approvare nulla se non porta ad un maggiore consenso e quindi alla distribuzione di risorse per i propri clientes. Il 51eReport Sicilia realizzato da Diste Consulting cerca di analizzare lo stato dell’arte e di fare qualche previsione su come chiuderà questo 2020. Una analisi attenta che riesce a far luce sulla effettiva dimensione dei fenomeni e a guardare avanti. La pandemia è arrivata in Sicilia in una economia che non si era ancora ripresa dalla crisi del 2008. Tra il 2008 ed il 2014, abbiamo perso 15 punti percentuali di Pil e anche nella successiva fase di rilancio il recupero è stato molto contenuto (solo 2 punti percentuali contro un +4,9% dell’Italia). Anche oggi Diste Consulting fa una previsione per il Pil del 2019, (dato non ancora pubblicato dall’Istat) di una brutta crescita zero. Quindi la pandemia arriva in un territorio dove la crisi aveva già eroso quasi tutti gli aggregati dell’economia.

IL LAVORO VA A PICCO

Nel mercato del lavoro, dopo le contenute variazioni dello -0,3% del 2018 e del +0,1% nel 2019, registriamo, rispetto al 2007 (anno pre/recessivo), ancora un deficit di 117 mila unità lavorative.  Il settore delle costruzioni ha perso nel 2019 circa 10 mila occupati che ha portato, rispetto al 2007, un saldo negativo di quasi 80 mila occupati. L’industria non è stata da meno, segnando un calo di 8 mila occupati e contando rispetto al 2007 un disavanzo di 20 mila unità. Meglio è andata per l’eterogeneo settore dei servizi dove nel 2019 si è registrato un +17 mila occupati, un positivo incremento che però non è riuscito a recuperare la flessione del 2018. Si salva il settore agricolo dove, probabilmente a causa dalla carenza di prospettive in altri settori, negli ultimi anni , sono stati segnalati miglioramenti che hanno registrato nel 2007/2019 un aumento di manodopera di 4 mila unità. Anche il leggero abbassamento del tasso di disoccupazione al 20,0%, va attribuito alla rinuncia di tanti, che scoraggiati dalle difficoltà del momento hanno abbandonato la ricerca di un lavoro. In questo Rapporto, nel tentativo di valutare meglio le dinamiche sull’occupazione e sul valore aggiunto, il Diste ha diviso i settori produttivi in due raggruppamenti: le attività essenziali rimaste aperte e quelle sospese. Questa procedura seguita per analizzare gli andamenti regionali è poi stata applicata alle nove Province, anche se in questo caso la disaggregazione settoriale più ristretta (ATECO 2007 a 3 cifre) potrebbe aver comportato delle conseguenti riduzioni del grado di affidabilità dei risultati. Sulla base di queste premesse si è proceduto nell’analisi. Secondo le stime dei ricercatori del Diste, il lookdown ha “bloccato” il 43% degli occupati dell’apparato produttivo regionale cioè 600 mila lavoratori (1milione e 364mila, secondo l’ultima indagine Istat, gli occupati in Sicilia) Conseguenza di tale blocco, sempre secondo le stime effettuate, è stata una perdita di valore aggiunto che ha sfiorato il 40% dell’ammontare potenzialmente prodotto nel trimestre. Una valutazione che potrebbe essere pure sottostimata considerato che ci sono state attività che nonostante non erano obbligate alla chiusura temporanea hanno preferito fermarsi o attività come alberghi e aeroporti che hanno comunque sofferto di fortissimi crolli di domanda con perdite difficilmente recuperabili soprattutto nelle prime fasi di riapertura. Perciò anche questa metodologia di calcolo che si basa sul peso delle attività sospese, sebbene rappresenti un indicatore delle difficoltà dei territori, non tiene conto di tutti gli aspetti. 

A TRAPANI LE PERDITE DI OCCUPAZIONE MAGGIORI

Il Report contiene una articolata disamina delle dinamiche per provincie. Qui troviamo da un lato Trapani in cui la quota dei lavoratori sospesi è la più elevata (48%) e Caltanissetta con la quota più bassa (40%). Un intero capitolo è dedicato al turismo al tempo del Covid. Questo sia perché il turismo è tra i settori maggiormente penalizzati dalla pandemia, sia perché è tra i più importanti per il nostro territorio. Relativamente al paragrafo sulle dinamiche del turismo, i ricercatori del Diste per prima cosa hanno cercato di capire quale è la dimensione del settore e quali le conseguenze dovute al covid-19.  Preme ricordare, infatti, che esiste una forte carenza informativa, determinata da varie ragioni. Oggi all’inizio dell’estate 2020 non sono ancora disponibili i dati 2019. Intanto dagli indicatori dell’Istat sulle presenze alberghiere ed extralberghiere del 2018 , gli unici al momento , risulta un numero di presenze di poco superiore a 15 milioni, e una crescita nell’ultimo decennio dell’8,6% contro il 14,8% dell’Italia. La quota turistica sul totale nazionale si è quindi ridotta dal 3,7 al 3,5%.  

Diverse ed interessanti le dinamiche che si apprendono dalla lettura delle statistiche disponibili:

  • Le presenze nel segmento degli alberghi si sono mantenuti sui 12 milioni, aumentando del 2% rispetto al 2008, contro l’11% in più dell’Italia; 
  • Le presenze nel comparto extralberghiero hanno superato i 3 milioni e segnato un incremento del 43,9%, doppio rispetto al dato nazionale (+22,4%). 
  • La quota degli alloggi negli esercizi extralberghiere è pertanto risalita dal 16% del 2008 al 21% mentre in Italia è variata dal 33 al 35%. 
  • Nell’ambito degli alberghi sono cresciuti molto i soggiorni presso le strutture a 5 stelle, 5 stelle lusso e 4 stelle, toccando gli 8 milioni e superando del 56% il livello di dieci anni prima. In pari tempo le presenze nelle restanti categorie alberghiere si sono contratte del 40%. 
  • La Sicilia storicamente al secondo posto tra le regioni meridionali, per numero di presenze, dopo la Campania, è stata superata dalla Puglia, ed è incalzata per il terzo posto dalla Sardegna. 
  • Nell’ultimo decennio sono aumentati del 38,5% (+33,8% in Italia) i soggiorni della componente estera, toccando i 7,7 milioni e avanzando dal 40 al 51% del totale. 
  • Per avere l’ordine di grandezza del ruolo del turismo nell’economia regionale basti ricordare che a fronte del numero di soggiorni nelle strutture ricettive, pari al 3,5% del dato nazionale, la superficie territoriale raggiunge l’8,6%, la popolazione l’8,3%, l’occupazione il 6,0%, il PIL il 5,0%.

Il rapporto ha anche provveduto a stimare i dati relativi al 2019 ancora oggi non disponibili. Secondo questi risultati le presenze del 2019, risultano in linea con quelle dell’anno precedente, mentre si è riusciti ad avere una stima  dell’occupazione del settore. Secondo questi calcoli gli occupati risultano quasi 80 mila unità, che incidono per il 5,9% sull’occupazione totale regionale (1 milione 364 mila unità, secondo l’indagine sulle forze di lavoro) e risultano il 4,8% sulla filiera nazionale (1 milione 650 mila gli occupati nel turismo in Italia, il 7% dell’occupazione totale Italia).

IL TURISMO CROLLA, I SOGGIORNI FLETTONO DEL 60 PER CENTO

Mentre il valore aggiunto del settore si aggira su 3,5 miliardi di euro. Una volta terminata l’analisi quantitativa del turismo, il Report ha tentato di valutare le ricadute del lockdown su produzione e valore aggiunto del settore. Si è stimato che per l’intero periodo gennaio/maggio ci sia stata una flessione di 2 milioni e 400 mila soggiorni (1,3 milioni negli alberghi a 5 stelle e 1,1 milioni nelle altre strutture) con un calo tendenziale del 60% circa. Stimando una spesa media a soggiorno di 120 euro per gli alberghi di 5 stelle – 5 stelle lusso e 4 stelle e di 80 euro per gli ospiti delle altre tipologie ricettive, la categoria lusso avrebbe perso un fatturato di 150 milioni e l’altra un fatturato di circa 90 milioni di euro, per un totale di 240 milioni di euro. Anche le previsioni, nonostante la riapertura da giugno, sono orientate a nuovi cedimenti, imposti dalla caduta della domanda interna e dall’indubbia rarefazione di quella estera. Sulla base di ciò si è stimata una flessione dei soggiorni del 70% su giugno 2019, con una decelerazione nei mesi seguenti tale da arrivare in dicembre ad un calo del 40% tendenziale. Per cui, tra giugno e dicembre si potrebbero perdere altri 6,6 milioni di soggiorni, con una perdita di fatturato totale di 670 milioni di euro. Complessivamente, le proiezioni per l’intero 2020 mostrano una flessione dei pernottamenti dai 15,1 milioni del 2019 a 6,1 milioni, con una contrazione di 9 milioni circa (-4,8 milioni di soggiorni negli alberghi di lusso e -4,2 milioni nelle altre categorie). In termini di fatturato le perdite supererebbero i 900 milioni di euro, pari al 60% circa del fatturato dell’anno precedente (1 miliardo e 530 milioni). In base alle proiezioni il trend riduttivo proseguirebbe nel 2021, rallentando fino a inizio estate in cui è previsto l’avvio di una fase di moderato recupero che però non consentirebbe di riacquistare interamente i livelli ante pandemia. Secondo invece le stime di consuntivo 2020 che tengono conto dell’intero settore del turismo, quindi anche l’impatto sulle attività indirette, la stima in termini di perdite dovute al Covid-19, è stimata in circa 4 miliardi, sui 6 miliardi e 500 milioni del 2019.

PRE3VISIONI IN NERO, 16 PER CENTO IN MENO DI

L’ultima parte del Rapporto è riservata invece all’esercizio previsivo per il 2020. Sulla base di quanto detto, le proiezioni indicano una contrazione complessiva del valore aggiunto prossima al 16%, derivante da flessioni del 5% dei settori essenziali e del 23% dei restanti settori. Per i settori essenziali il valore aggiunto scenderebbe dai 32,1 miliardi di euro del 2019 a 30,4 miliardi, per gli altri da 48,4 a 37,2 miliardi. Le attese sull’occupazione appaiono ugualmente inquietanti, anche se al momento meno pessimistiche. Si valuta infatti una flessione del 12% (da 1,364 milioni di occupati nel 2019 a 1,200 milioni), che sfiorerà il segmento dei settori essenziali (-3%) e si abbatterà sull’altro insieme di settori (-17%). Nel primo gruppo il numero degli occupati passerebbe da 483 a 468 mila e nell’altro da 881 a 731 mila unità. Il valore aggiunto per occupato scenderebbe a 50,5 mila euro riducendosi del 5%. Larga parte della contrazione è attesa interessare il settore dei servizi, che sconterebbe una perdita di circa 140 mila occupati, pari all’85% del totale, soprattutto riconducibile alla fuoriuscita di occupati irregolari. L’atteso crollo dell’occupazione si rifletterà solo in parte sul tasso di disoccupazione, il cui aumento sarà mitigato dello scontato e consistente numero di inattivi che lasciano il mercato del lavoro. In base alla proiezione, il tasso di disoccupazione medio annuo dovrebbe pertanto aggirarsi intorno al 24%, ritornando ai livelli toccati sul finire degli anni novanta del secolo scorso. I consumi familiari sono stimati per l’intero 2020 in diminuzione del 17%, cioè con una contrazione di oltre 10 miliardi rispetto all’anno precedente. La spesa d’investimento è già crollata significativamente dei due mesi e mezzo di chiusura, ma anche l’attesa compressione della domanda dovrebbe determinare nel consuntivo 2020 una caduta della spesa in conto capitale non inferiore al 20%, corrispondente ad una flessione di quasi 3 miliardi di euro.  Ugualmente problematiche sono le aspettative sul fronte dell’interscambio commerciale, già fortemente penalizzato nel 2019. Per l’export si prevede una flessione del 21% che significa una perdita di circa 2 miliardi di euro; per le importazioni un calo del 17% pari ad oltre 2,6 miliardi.