Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di CALOGERO PUMILIA

  Calogero Pumilia è Presidente è presidente della Fondazione Culturale Orestiadi, componente la Commissione regionale di garanzia del PD 

Le mie riflessioni sul Partito Democratico ( QUI  e QUI )  hanno suscitato un dibattito interessante per il valore di quanti vi hanno preso parte e per la pertinenza delle osservazioni. ( QUI ) I travagli del maggiore forza di opposizione inducono ogni persona responsabile, al di là dell ’ orientamento, a preoccuparsi …

del riflesso che hanno sul dibattito politico e sul normale sviluppo della vita democratica, che non possono procedere ordinatamente in assenza di una forte proposta alternativa alla maggioranza. Ora in Sicilia si va alle primarie per eleggere il nuovo segretario regionale e fin congressi provinciali e dei circoli, se si faranno,  che dovranno ricostituire i suoi organismi. Ma tutto si sta svolgendo nell’assenza  assoluta di regole condivise. I due raggruppamenti in campo, che fanno capo a Faraone e a Teresa  Piccione, proseguono ognuno per conto proprio, con metodi del tutto contrapposti, con una interpretazione diversa dello statuto, in una parola, con il rifiuto dei più elementari presupposti che dovrebbero presidiare la vita di una comunità. É come se si appartenesse a formazioni diverse.

In nome di che cosa si può continuare a stare insieme? Come è possibile ritenere che chi perde accetti il risultato e chi vince dia spazio e rispetti il competitore? A dividere Teresa Piccione e Faraone non sono solo le regole, ma due visioni politiche, a me pare, inconciliabili. Faraone propone un partito come una sorta di “contenitore” dentro il quale tenere insieme forze da contrapporre al sovranismo e al populismo della Lega e del Movimento cinque stelle. Obiettivo questo che potrebbe risultare utile per fronteggiare , sul piano elettorale, gli avversari ma che risulterebbe privo di una precisa identità, di una cultura definita, di un chiaro progetto. Questo disegno è coerente con quanto avvenuto negli anni passati, quando, in Sicilia, il PD ha aperto le porte a persone e gruppi provenienti da varie esperienze o ha consentito e sostenuto la formazione di partiti autonomi e collaterali, con il risultato di sbiadire e snaturare la propria identità, senza , peraltro, ottenere consensi. La proposta è coerente con il comportamento di una parte del gruppo parlamentare in Assemblea  che, più volte, ha soccorso la maggioranza, spezzando il  vincolo di coerenza e di unità. Dall’altra parte, Teresa Piccione, si propone di uscire dalla crisi costruendo una forza chiaramente alternativa alle destre, a tutte le destre, con una identità definita, con precisi riferimenti sociali, con una cultura che recuperi le ragioni della fusione tra il riformismo cattolico e quello della sinistra postcomunista. Torna ancora la domanda: in nome di quali valori, di quale programma si può stare insieme, per affrontare il lungo e difficile cammino della ricomposizione della sinistra, per costruire un’alternativa vincente a Salvini, a Di Maio, a Musumeci  e a ciò che resta di Forza Italia?

In Sicilia non si gioca una partita periferica e siciliana. Si ripropongono invece le divisioni nazionali, quelle che lacerano il partito e lo paralizzano nello scontro tra l’antirenzismo e il renzismo che rimane sull’uscio con i bagagli pronti per intraprendere esperienze nuove.m Ripeto quanto , anche provocatoriamente, ho già scritto. Perché si deve continuare a fingere di vivere una comune avventura, di  rilanciare un partito che, anche con sensibilità ed esperienze diverse, o è una comunità di valori con regole condivise e con rispetto reciproco, o non è nulla. Il futuro della sinistra, non solo in Italia e in Sicilia, è incerto e difficile. Esso diventa illusorio se si pensa di perseguirlo con i veti reciproci, sommando proposte inconciliabili, con un partito che resta terreno di scontro permanente tra gruppi dirigenti chiusi  che si delegittimano reciprocamente e giocano  una sterile partita su un campo desertificato e con gli spalti vuoti. Non sarebbero più coerenti e utili scelte chiare anche se dirompenti? Quello che un tempo veniva definito il centro, se ancora esiste, non è più presidiato, mentre la sinistra, che sicuramente c’è, insieme ai movimenti che nella società cominciano ad affiorare cerca un riferimento e una casa comune. In questa direzione, con un chiaro aggancio ai valori della democrazia, della Costituzione, dell’europeismo e ai bisogni dei ceti meno protetti ,specialmente nel Mezzogiorno, dovrebbero incamminarsi le due anime che, continuando a stare insieme, paralizzano il Partito democratico e indeboliscono l’opposizione alle destre.

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