Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Carmelo Petrone  è un prete impegnato e versatile.  È giornalista . Dirige “L’ Amico del Popolo”,  il settimanale dell’arcidiocesi di Agrigento. E fotografa. È organizzatore culturale . Ha voluto lui la mostra sul Duomo quando questo era costretto alla chiusura. Crede nella immagine come strumento di pressione civile . Ma con la fotocamera gli piace giocare . La fantasia lo tenta e lo seduce . Così come in queste foto dedicate alle vetrine di Agrigento. Bagliori che si incrociano, manichini e giochi di luce, palazzi dentro i vetri e sagome di donna in strada .

 Carmelo Petrone

Da cosa nasce questa passione per le vetrine?

“Nasce per caso. Per un periodo ero solito farmi delle passeggiate mattutine lungo la via Atenea, la via commerciale di Agrigento e quando non potevo la mattina la percorrevo di sera. Ho notato una cosa strana: a tutte le ore del giorno, in via Atenea, loro – i manichini dei negozi – sono rimasti, purtroppo,  gli unici ….. ‘guardiani’. Qualche volta avevo anche la strana sensazione di essere osservato dai manichini, da queste  sagome, non persone, quasi fantasmi.”

Cosa ti colpisce di più ? I colori degli oggetti o la qualità dei manichini ?    

“Mi colpisce lo sguardo dei manichini nel nulla, l’ho letto come riflesso  e metafora di tutti noi, del nostro smarrimento, del vuoto di speranza di non pochi agrigentini. L’attenzione ai colori, agli oggetti è venuta dopo.”

Oggi i grandi marchi nazionali , si osserva , finiscono con l’omologare i territori. Guardando le loro  vetrine tutte le città sono eguali ….

“Si è vero oggi le vie commerciali delle città italiane e non solo sembrano tediosamente tutte uguali. Passeggiare nella via commerciale di Agrigento è come passeggiare in quella di Perugia o Verona, stessi marchi, stesse vetrine, stessi prodotti, stessi manichini.  Il capitalismo industriale ha macdonaldizzato non solo i gusti e le merci ma anche i territori, omologandoli.   Da questa tendenza, purtroppo non sono esenti anche altri ambiti della nostra vita: il lavoro, il tempo libero, la famiglia e pure la politica a discapito, ovviamente,  delle relazioni autentiche.  La stessa via Atenea non è più la strada dove si passeggia e si incontrano gli amici: ad accomunarci , ma non più in dialogo, è la piattaforma del consumismo…”

E cosa ti spinge ad esse ? La voglia di sentirti altrove ?

“Ripeto, non sono i prodotti e i marchi delle aziende che mi interessano. Li fotografo perché essi, paradossalmente,  attirando gli sguardi dei clienti, riflettono una Agrigento che la gente non conosce o su cui non si sofferma perché distratti dalle proposte commerciali e dalla caccia al prezzo. Si,  i monumenti e i palazzi storici della strettissima  via Atenea – vuoi anche per la conformazione urbanistica della stessa –  risultano visibili  solo riflessi nelle vetrine. 

Insomma ti attrae il paradosso ?

“ Già. Fanno bella mostra di se, nelle vetrine accanto ai prodotti, la torre campanaria della Basilica dell’Immacolata, la chiesa del Purgatorio, le bellissime edicole votive, ma anche Palazzo Borsellino, palazzo Noto, quelli in  stile barocco Costa e Celauro, dove dimorò W. Goethe durante il suo soggiorno ad Agrigento. Ed ancora i palazzi Giudice, Bentivegna e Catalisano con la lapide dedicata a Michele Foderà, illustre  fisiologo, biologo e scrittore. Poi  quelli che si affacciano su piazza Caratozzolo sino al Palazzo, in stile neogotico, che oggi ospita la Camera di Commercio…”

Questi scatti finiranno in una mostra ?

“ Spero di si, magari da allestire nelle stesse vetrine dei negozi lungo la via Maestra.”

C’è qualche  progetto al quale lavori ?

“Si due: uno sulla restituita Cattedrale, dopo anni di chiusura, dal titolo: “ le donne della cattedrale”.  Sto fotografando tutte le figure femminili presenti in essa…”

E poi ?

L’altro progetto riguarda la città e la Valle dei Templi,  dal titolo: “ Non c’è Valle senza Colle”, la Valle vista dalla città. E, devo confessarvi, la Valle vista dal Colle  è decisamente più bella.

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