Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

L’OSPITE……PATRIZIA DI DIO

 presidente confcommercio di palermo, presidente nazionale gruppo terziario donna

Parliamo di donne. E parliamo chiaro. Nella condizione femminile c’è la misura del grado di civiltà raggiunto da un Paese. Vale per l’Europa, vale per l’Italia.  Ora  le donne, in Italia, sono  le  più istruite e le meno occupate? Secondo  World Economic Forum, siamo primi al mondo per iscrizioni all’università, ultimi in Occidente per partecipazione femminile al mercato del lavoro.

In altre parole: stiamo buttando via il segmento più colto della popolazione. E poi ci chiediamo perché non si cresce. La questione femminile è la vera, grande, vergogna italiana. Una gigantesca ingiustizia sociale. Siamo il Paese che cresce meno di tutti nell’Occidente. Proprio qui  la questione femminile dovrebbe essere  al centro di decisioni e discorsi, nelle istituzioni e nella società, il primo punto all’ordine del giorno di un consiglio dei ministri, il punto centrale delle molte, troppe, tavole rotonde alla ricerca di magiche ricette per far ripartire l’Italia. Come si può non puntare alla parte più  istruita della popolazione?

Ci chiediamo perché non abbiamo un sistema meritocratico per le donne. Ecco alcuni numeri che dicono quanto ci costa. Secondo Eurofound il costo  per l’Italia di questa sottoutilizzazione  è pari a 88 miliardi di euro, cioè al 5,7% del Pil, il 23% di tutta la ricchezza persa in Europa. Si deve aggiungere che , per combattere il nostro calo demografico, il modo  più sicuro è quello di far lavorare  le donne, garantendo loro paghe e percorsi di carriera equivalenti a quelli degli uomini. Anche questo ci dicono i dati conosciuti. In Europa è il secondo stipendio che permette alle famiglie quel secondo figlio che poi garantisce la sostenibilità del nostro sistema sociale. Occupazione e natalità crescono insieme. Una maggiore parità di genere potrebbe determinare, da qui al 2050, dieci milioni e mezzo di posti di lavoro in più, con una crescita dell’economia dell’UE tra 1.950 e 3.150 miliardi di euro.

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