Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di ALDO SARULLO

Almeno la Sicilia stia ai patti. Vediamo perchè. In principio era il jus. Così i latini chiamavano il diritto. Poi divenne ius, con la “i” e accolto nella lingua italiana entrò a far parte di quelle parole che iniziano per semiconsonante. Tali sono la i e la u quando sono prive di accento e precedono un’altra vocale. Figlie di ius sono le parole “giudice”, cioè colui che dice, pronunzia la sentenza, l’aggettivo “giusto”, il sostantivo “giustizia”, che mescola greco e latino: dove risiede il diritto. E altre, che lascio alla scoperta del lettore. Come si nota, la “i” di ius, che è semiconsonante, si trasforma nella consonante “g”. Però, chi direbbe “lo” giudice ha emesso la sentenza? E i siciliani, la cui terra è il primo approdo dei barconi dei migranti, farebbero cosa giusta se nella attuale e controversa questione che riguarda il legiferare o meno su ius soli e ius culturae , scegliessero per primi di ribadire la regola corretta e dicessero e scrivessero “il” ius soli, “il” ius culturae. Sarebbe dignitoso perché rispettoso dei patti grammaticali. Sempre che ciò a qualcuno importi ancora.

p.s.: se è vero che ogni lingua è in evoluzione, è anche vero che le sue modifiche sono ben accette quando la arricchiscono, ma non quando sono il frutto del diffondersi di un errore. Salvo a fare della rassegnazione una virtù.

ALDO SARULLO

Scrittore, drammaturgo e regista teatrale e televisivo. Opinionista per quotidiani e periodici. Vincitore di premi letterari. Nel 1986 è stato per la Rai il regista tv del Maxiprocesso. Dal 2008 al 2013 Consigliere per gli Affari Culturali del Presidente del Senato. Ha pubblicato il romanzo – “Latitudine palermitana”, con la prefazione di Matteo Collura.