Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

Lo stupore di quel piano nobile del Palazzo Comitini, sede della Provincia che c’è e non c’è, cancellata per referendum e vivente per tradizione, con uscieri con blasone, impiegati, ma priva di funzioni e fondi istituzionali, che è tornata fruibile miracolosamente all’arte. Ma, miracolo maggiore, anche al popolo palermitano, forse di praticanti e melomani, ma sempre un popolo è stato ad invadere e riempire il piano.

I suoi stupendi lampadari di Murano hanno illuminato decorazioni, dipinte soffitti, mobili e specchi, e piccole aree transennate. E tutto il miracolo di quei saloni ha riacquistato la vita, con il suo popolo, vecchi e bambini vocianti. Qui incantano in bella mostra 23 strumenti storici della Collezione Eugenio Amato e Maurizio Parisi, raccolti tra il 2018-19, cioè recita il programma «strumenti musicali, ma allo stesso tempo anche preziosi pezzi d’antiquariato». È la prima fase del loro progetto di «restaurare e preservare pianoforti storici originali tra il XVIII e il XIX secolo».

Un tempo intorno al 300 a.C. risuonavano le corde del salterio, ad accompagnare il canto, dopo i tempi della cetra, l’eptacordo. Poi intorno al 1440 si articolò il suono sulle corde con diversa tecnica di tasti e si diffuse per anni il clavicembalo (clavis e cymbalum). Per altri secoli allietò i saloni delle corti tra cavalieri e dame, finché il veneziano Bartolomeo Cristofori alla corte fiorentina di Cosimo III dei Medici presentò nel 1698 il “gravicembalo col piano e forte”, o fortepiano (così detto da Beethoven), o pianoforte. La martelliera adattata al clavicembalo per il controllo della dinamica da parte dell’esecutore. Purtroppo allora non si era ancora inventata la registrazione del suono, ma sarebbe stata una magia ascoltare nei saloni sul Canal Grande i virtuosismi di Benedetto Marcello, quello a noi noto per il patetico Anonimo veneziano.

Ora a sfilare nei saloni fra pitture antiche e soffitti dipinti con scene di bellezze rinascimentali, quegli strumenti di ogni forma e bellezza, con quelle corde messe in mostra, testimoni di un’arte che ha parlato e parlerà sempre a tutti i cuori, ma proprio a tutti, sapiente ed ignorante, ricco e povero, cinese o palermitano, esperti nell’arte musicale e semplici uditori. L’universalità del suono, sia esso nella lunghezza di scala e modulazione occidentale, sia nelle assai diverse scale armoniche cinesi o nipponiche. Più di quanto possa farlo la poesia, il cui fonema esprime un significato che solo i suoi parlanti comprendono.

E simili opere di arte non potevano che avere il tocco delle dita esperte e prodigiose del maestro Costantino Mastroprimiano del Conservatorio di Perugia, che ha incantato i presenti con le sue travolgenti esecuzioni di brani di Beethoven, Chopin e Alkan e ha dato prova di un altro timbro in un secondo fortepiano.

La mostra, inaugurata ieri 16 febbraio alla presenza del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, del consigliere comunale Giulio Cusumano e della dirigente di Palazzo Comitini, Marianna Mirto, rimarrà aperta fino al 26 aprile, ma non sarà oggetto inerte che soltanto attende visitatori. Sarà un vero work in progress, una mostra dinamica che coinvolge arti e manufatti del tempo dei concerti da sala di palazzi nobiliari, come quello che fa da scenario. Al periodo propriamente espositivo si affiancherà quello creativo e dimostrativo con una serie di dieci concerti eseguiti con strumenti d’epoca ed organizzati dall’Associazione culturale Polifonie d’Arte e proposti da Gino Pantaleone che li completerà con l’intrusione della parola e la lettura di poesie. Fiancheggerà l’esposizione una presentazione di antiquariato editoriale, sgabelli d’epoca e abiti originali dell’Ottocento della Collezione Gabriele Arezzo di Trifiletti e altre attività quali seminari, presentazione di volumi e visite guidate per le scuole.