Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

E La Sicilia ? Tra uscita dal lockdown ed effetti della pandemia, la domanda è più che attuale. Numeri da brivido. Vengono fuori da un dibattito on line organizzato da Dispe Consulting ( dipartimento studi territoriali ). Come già emergeva nell’ intervista a Gaetano Armao ( qui ), nell’isola la crisi si sovrappone a un’altra crisi già in corso. Tra il 2008 ed il 2014, abbiamo perso 15 punti percentuali di Pil. Poi un rilancio : ma si recuperava solo un modesto 2 per cento. Poi un’altra fase di rilancio: si prendeva un altro 2 per cento mentre nel paese si era al 4,9. Brutta situazione. Nè le previsioni sono migliori . Dispe Consulting prevede crescita zero nel 2019 quando l’Istat pubblicherà i dati ancora non diffusi. Speriamo abbiano torto. Il punto è anche un altro. La crisi è acuta in Italia, più che profonda nel Sud. Ma in Sicilia è peggiore. Pietro Busetta, che ha guidato la stesura del report da direttore scientifico, l’ha definita “ fanalino di coda “.  Citando pochi dati ma eloquenti. Nell’isola lavora una persona su quattro. Già in Puglia uno su tre. Il turismo che ci vedeva secondi ci vede ora terzi. Ci supera la Puglia e ci tallona la Sardegna. Si va indietro così…. Non sono dati da congiuntura. Si logora sempre più la struttura di un sistema. Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, lo dice chiaro. In Sicilia è più evidente la desertificazione industriale. Si perde quota là dove si dovrebbe guadagnarne per crescere. Perché non c’è area milioni di abitanti in cui possa esserci sviluppo senza industria. E allora ? Non bisogna voltare le spalle a turismo e agricoltura, nostri settori forti. Ma agricoltura e turismo devono industrializzarsi. Siamo ancora ben lontani da questo. Che fare ?

Qui entra in campo l’azione politica. Oggi è essenziale alla crescita. L’economia ha bisogno delle risorse pubbliche come non mai. Non solo in Italia, nel mondo. Ma la politica deve sapere fornire alle imprese i mezzi che consentano loro il ritorno alle condizioni perdute nella pandemia. Nel Sud si ripropone oggi , in termini più gravi, l’ eterna questione dell’attrazione. Per catturare i capitali di investimento che si muovono in Italia e nel mondo sorvolando il Sud e più che mai la Sicilia. Si delineano risorse pubbliche importanti. Tra Palermo, Roma e Bruxelles , si è ormai a un giro che può sfiorare i 200 miliardi. Roma deve invertire la rotta conosciuta, tenendo conto che nel centro Nord si è a investimenti pubblici due volte e mezzo superiori rispetto al Sud ( così Luca Bianchi). Ma la politica deve pure saper rivedere distorsioni e vizi nelle scelte di spesa. Ci si è preoccupati sempre più del consenso che non delle strategie di sviluppo. Si andrà avanti così ? Speriamo di no. Ma decisioni recenti fanno temere di sì. Si parla delle Zes ( zone economiche speciali). Sono nuovi strumenti di politica economica, spazi in cui concentrare imprese  da sostenere con fondi di spinta e semplificazioni di burocrazia. Ma Pietro Busetta e Luca Bianchi denunciano la scelta delle zone conseguenti più a logiche spartitorie tra partiti e territori che non logiche economiche. Cose da vecchi tempi. Siamo alle solite. Come scriveva Fitzgerald : “Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato…”

questa foto è stata scattata da Melo Minnella Altre foto cliccando qui