Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di CARMELO FUCARINO

Mai domanda cadde per noi oggi così strabiliante per la precisione del giorno e della formulazione: «- E voi, don Ciccio, come avete votato il giorno Ventuno?». Era il 21 ottobre 1860. Da lì tanti altri plebisciti in cui il popolo di quella Nazione che da lì partiva per altre annessioni avrebbe dovuto scegliere nel modo senza alternative per un sì o un no tassativo. Da lì il sussulto di don Ciccio, «in un momento nel quale si trovava fuori del recinto di siepi precauzionali» e l’irritazione di don Fabrizio. L’organista, su suggerimento dell’”astuzia paesana”, aveva data «la risposta giusta, cioè nulla. – Scusate, Eccellenza, la vostra è una domanda inutile. Sapete già che a Donnafugata tutti hanno votato per il «sì»…la risposta non fece che trasformare un enigma piccolino in un enigma storico». Alla divulgazione dei risultati (Iscritti 515; votanti 512; «sì» 512; «no» zero), don Ciccio aveva detto: «- Io, Eccellenza, avevo votato «no». «No», cento volte «no». Ricordavo quello che mi avevate detto: la necessità, l’inutilità, l’unità, l’opportunità. Avrete ragione voi, ma io di politica non me ne sento. Lascio queste cose agli altri. Ma Ciccio Tumeo è un galantuomo, povero e miserabile, coi calzoni sfondati (e percuoteva sulle sue chiappe gli accurati rattoppi dei pantaloni da caccia) e il beneficio ricevuto non lo aveva dimenticato». Lascio alla Storia le riflessioni e le deduzioni. Voglio solo ribadire la brutalità dei plebisciti. E tale è stato il nostro ultimo, una scheda senza alternative, in una matura democrazia occidentale.  Allora probabilmente giocarono le loro carte gli aristocratici privati dei privilegi feudali dal grande Ferdinando, quello dell’enfiteusi, e i gabellotti alla Sedara che speravano di acquisire quel “don” nobilitante. «Don Fabrizio che finalmente aveva sciolto l’enigma; adesso sapeva chi era stato strangolato a Donnafugata, in cento altri luoghi, nel corso di quella nottata di vento lercio: una neonata, la buonafede; proprio quella creaturina che più si sarebbe dovuta curare, il cui irrobustimento avrebbe giustificato altri stupidi vandalismi inutili.». 

La tragedia odierna è invece più misera della speranza fatta balenare e mai realizzata di una uguaglianza sociale, quella del decreto dittatoriale di Palermo da parte di Garibaldi del 2 giugno 1860 (data anch’essa memorabile): «art. 1 – Sopra le terre dei demani comunali da dividersi, giusta la legge, fra i cittadini del proprio comune, avrà una quota certa senza sorteggio chiunque si sarà battuto per la patria. In caso di morte del milite, questo diritto apparterrà al suo erede». Questo popolo del 2020, nello sbalordimento della morsa del Covid-19, vuoto di quegli ideali che hanno alimentato le scelte della borghesia, quelli nati dalla loro rivoluzione, quella francese, proprio nella completa scomparsa della borghesia, si lascia guidare dalla pancia, un misero risparmio vantato come panacea di tutti i mali e dall’odio contro la “casta”, propalatogli da un partito che è purtroppo diventato da movimento una piccolissima casta immutabile e non ricambiabile. Quel 21 segnò la vittoria della borghesia che oggi osserva indolente al suo funerale. Ed è per questo tragedia ancor più rovinosa, fragorosa come la “bomba d’acqua” oggi di moda, nel deserto di progetti e di soluzioni. L’inizio di un tunnel tenebroso di cui non si vede la fine. Perché allora fu la vittoria di una classe e di un progetto politico, oggi è la semplice scomparsa di quella classe che ha governato per due secoli senza l’ombra di un ricambio. Il vuoto assoluto che non fa presagire un pieno.

CARMELO FUCARINO Laureato in lettere, è professore professore di italiano e storia negli Istituti Superiori di Palermo ( al liceo Garibaldi dal 1980 /97 ). Poeta è autore di due raccolte di liriche Città e ancora città, Il Vertice Editore, e Percorsi di labirinto, Thule Edizioni. Ha pubblicato diversi saggi e una Grammatica di greco antico per i tipi della Paravia.