Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Il governo guidato da Mario Draghi è alla scadenza cruciale: il Recovery plan. Sono attuali due domande. Crescerà L’Italia ? E crescerà il  Sud ? . Pietro Busetta, su questo blog, ha non pochi dubbi. Ma Mario Draghi, è l’uomo che, da governatore di Bankitalia, diceva che se non cresce il Sud non cresce l’italia. Dobbiamo poter sperare. Anche se , al modo di Leonardo Sciascia. Ossia con “qualche disperazione “. Su Il Foglio di Venerdì scorso, il premier fa il punto sul nostro stato delle cose. Prosa asciutta, scenario impietoso, verità amare. Scrive che il paese in Europa è il peggiore. Cresce meno degli altri da un ventennio almeno. O non cresce affatto. La Pandemia lo ha colpito di più. Ha subito la maggior perdite di vite umane. La ricchezza è caduta più in basso. Dell’8 per cento mentre In Europa del 6. Tra il 1999 e il 2019 il pil è cresciuto di poco meno dell’8 per cento. In Francia e in Spagna più del trenta. Le donne e giovani sono ai livelli più bassi per disoccupazione. I suoi poveri a quelli più alti . E su tutti i fronti va peggio il nostro mezzogiorno. Il capo dello Stato , Sergio Mattarella, uomo del Sud, celebrando il 25 Aprile, chiede rinascita , coesione e unità. Ma la rinascita resta incerta. E’ certa invece l’assenza di coesione e unità. Si dovrà continuare così ?

Draghi scrive di no. Non sempre nel paese è stato questo l’andazzo. Nel secondo dopoguerra, in un altro ventennio, quello tra il 50 e il 73, l’Italia ha portato avanti ,“In poco meno di un quarto di secolo “, una straordinaria “ convergenza verso i paesi più avanzati “, con  un  reddito medio degli italiani  che passava “ 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello del Regno Unito.” E’ possibile , pur nella diversità storica, un ritmo equivalente a quello di allora ? Il centro del problema si riassume nelle quattro righe da cui lo scritto comincia “Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza. Il 40 per cento circa delle risorse del Piano sono destinate al Mezzogiorno”. Si è al punto : le riforme. La Ue manifesta scetticismo sulla nostra capacità di farle . Draghi da garanzie. Noi tutti dobbiamo sapere più. Quali contenuti ? In che tempi ? Walt Disney diceva che solo precisando una data, un sogno si trasforma in progetto. Draghi sa meglio di altri, proprio per le cose che scrive, che di progetti, e non di sogni c’è gran bisogno oggi. Li avremo ? Aspettiamo.

Poi il discorso si incrocia con il problema del Sud. In quelle 4 righe la parola mezzogiorno è in una delle posizioni principali. Buon segno. Il 40 per cento delle risorse è più del 34 fissato ( ma mai rispettato ) finora. Altro buon segno. Ma è questo il punto.? Non credo. Il paese coeso e unito , per dirla con Mattarella, è qualcosa di più che un numero. Richiede uno sguardo nuovo, una svolta nel progettare il futuro, una nuova Storia. Ci sarà ? Anche qui speranza con qualche disperazione. Ma sono evidenti tre novità almeno. La prima è nei numeri di cui Draghi scrive . Che rendono attuale una domanda: se un modello incentrato sul centro Nord ha visto finora crescere il paese meno degli altri , si impone o no una diversa dislocazione, nel territorio , dei rapporti tra produzione, consumi e crescita , proprio per raggiungere quella “coesione e unità” che Sergio Mattarella evoca ? . La seconda riguarda il mondo nuovo che il futuro prepara. I rapporti geopolitici cambiano. I gioco dei grandi si sposta verso diversi luoghi di crescita dell’ umanità. In un report diffuso in questi giorni da Ispi, istituto per gli studi di politica internazionale, Julia Bello-Schünemann fa i conti: “Entro il 2050 l’Africa subsahariana conterà all’incirca il 57% della crescita demografica globale..”l’Unione Europea si aggira oggi intorno al 6% e scenderà al 4%. Tra 30 anni, circa 2,3 miliardi di persone vivranno in Africa subsahariana, a fronte di 1,1 miliardo oggi.” Intanto i commerci si spostano verso il Mediterraneo dove sempre più si incentra il gioco fra i giganti della terra. Il nostro Sud può essere lo spazio che avvicina a questo mare sempre più affollato l’italia e l’Europa . Si saprà , si vorrà, o no giocare questa partita cruciale per il futuro non meridionale ma italiano ?

La terza novità si intreccia con quest’ultima. Non gli da evidenza un pugno di meridionalisti piagnoni ma lo stesso Il sole 24 ore , il giornale degli industriali. Scrive che il Sud si conferma centrale per lo sviluppo del paese affermando ” che se questa area ” avesse avuto, negli ultimi 20 anni , un tasso di crescita medio annuo di almeno 2 punti superiore, il Pil italiano sarebbe stato allineato a quello degli altri Paesi europei “ Tutto questo non basta a cambiar strada ? C’è di più. Il giornale cita uno studio dell’Istituto San Paolo che cambia il racconto del Mezzogiorno. Non è vero che è un deserto industriale . Perchè “ ..con oltre 95mila imprese manifatturiere, se  fosse uno Stato dell’Ue sarebbe all’8° posto tra i Paesi con maggiore presenza industriale” E anche il Sole sostiene che L’Italia può, attraverso il Mezzogiorno, svolgere un ruolo geopolitico di connessione e legame tra Europa e Sud Mediterraneo.” Certo. anche i meridionali devono fare la loro parte : per esempio concentrando le scelte economiche su quei settori che servono questa prospettiva. Certo i ceti di governo meridionali devono rimuovere vizi nella spesa nell’economia pubblica. Ma cambiare si può e si deve per il Sud. Ora non domani. Tenendo conto poi che , se qualcosa qui funziona ormai, è il contrasto delle mafie. Senza ricadere nella vecchia logica dei due tempi. Che è nota, no ? Facciamo ripartire prima la macchina dello sviluppo, per pensare dopo, in un secondo tempo , al sud. Sappiamo come finisce il film. Il primo tempo parte sempre. Il tempo per il secondo tempo non si trova mai.

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