Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Giuseppe Conte, presidente del consiglio, presenta il gran decreto in conferenza stampa. Indossa un abito elettrico e appare alquanto elettrizzato nel tono. Si è perso un po’ di tempo, lo ammette : il decreto al quale si lavora da marzo , per completarlo in Aprile, viene presentato a maggio. Ma  non “…un minuto di più di quello strettamente necessario per un testo così complesso “. ( qui ) Complesso il testo lo è , eccome:  256 articoli contenuti in 464 pagine, muove una spesa di 55 miliardi ( o almeno dovrebbe), quando due leggi finanziarie insieme. Solo che i tempi non sono variabili indipendenti. E i rischi dei ritardi restano. Giovanni Tria, ultimo ministro dice ad Huffpost : “La sola conversione in legge del decreto che, ricordiamolo ,è salvo intese, prenderà due mesi. In Parlamento arriveranno centinaia di emendamenti, i litigi non mancheranno…” ( qui )

Ragionando sui tempi, poi, c’è una cosa che non si spiega. Viene in mente quel film di Luis Buñuel, l’angelo sterminatore, dove gli invitati a una cena decidono di andarsene ma non riescono a varcare la porta d’uscita, benché sia ben aperta.  La lunghezza delle procedure è nota dolente in questa emergenza da pandemia. Tutti invocano riforme. Ma non si va avanti. Si dice e si rinvia. Perché ? Si sa : vecchie culture sono dure, incrostate, difficili da rimuovere. Per riformare le procedure burocratiche, poi ministri e presidente hanno bisogno dei burocrati che da quelle procedure ricevono forza e poteri. Ma è proprio impossibile un colpo d’ala ? Soluzioni a portata di mano ci sono. A Genova, si è riusciti a rifare il Ponte Morandi in un anno, attraverso deroghe e tagli di norme. Perché non estendere quel metodo ? Non è l’emergenza che viviamo di equivalente portata ? Non è chi scrive a proporlo. E’ richiesta diffusa. Ne parla lo stesso presidente del Consiglio. E allora? Nello Musumeci, presidente siciliano, fa esempi illuminanti “Abbiamo decine di opere ferme in Sicilia , che , se sbloccate, rimetterebbero in circolo 3 miliardi, di euro.. Serve sburocratizzare le norme che nell’Isola sembrano fatte per non aprire i cantieri..” ( qui L’argomento non conta ?

Un esperto autorevole come Donato A. Limone ricorda i dati della Cgia di Mestre, per cui il costo/anno della burocrazia per eccesso di adempimenti amministrativi è di 57,2 miliardi di euro.” Sostiene che non è concepibile una “..catena decisionale lunga mentre la situazione richiede interventi agili, veloci, concreti ed efficaci..” ? E aggiunge: “…il Parlamento, il Governo, le Regioni (i tre livelli istituzionali che sono anche normatori primari) dovrebbero adottare provvedimenti forti per semplificare le decisioni. Non c’è altra strada: il resto sono chiacchiere! ” Gli si può dar torto ? Ma in questo decreto , al riguardo non c’è nulla . Anzi, c’è tutto. Adesso la semplificazione diventa il motivo dominante della strategia del presidente. Lo dice : “”Siamo al lavoro su un pacchetto di interventi coraggiosi, per ridurre i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, soprattutto quelle infrastrutturali, e dare un taglio netto alla burocrazia. È il primo passo di un processo riformatore ampio, che richiederà del tempo… ( qui ) Riassumendo. I tempi sono lunghi, e restano lunghi. Per accelerare e semplificare si pensa a una riforma epocale . Da introdurre con un nuovo decreto in grado di semplificare e accelerare le procedure del decreto appena deciso. Ma ci vorrà tempo. Aspettiamo ? Ieri L’Istat dava conto del crollo del nostro export. Pochi giorni dopo la notizia del crollo pil…Se è così