Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

 ( Ho realizzato per Dialoghi Mediterranei , la rivista on line diretta da Antonino Cusumano, un reportage con testo e immagini, per riflettere sl rapporto tra Africa, Sicilia e Immigrazione. Ho pubblicato SU SE E’ COSI’ la prima parte. In questa seconda esprimo solo impressioni, un viaggio a Tunisi, la sensazione di contiguità di colori e paesaggio, di terra e di mare. Sensazioni, null’altro. Questa foto fa parte della mia gallery TOCCHI DI SICILIA .Per vedeere le immagini clicca qui )

Sono attratto , a Tunisi, dalle analogie nelle nature e nelle forme. Di terra e di mare. Mi prendono le coincidenze di colori e di paesaggio che influenzano l’anima. Somiglianze di certi contesti con la Sicilia che avevo lasciato. C’era Sicilia in quelle spiagge dorate dove i pescatori posavano, alla rinfusa, le piccole lance. Scafi dai colori vivaci, con giallo e blu, rosso e verde in gioco fra loro, come da noi, nella spianata del porticciolo di Mondello. C’è Africa nelle costruzioni in bianco che vedo ogni anno a San Vito Lo Capo, con quelle geometrie lineari. Quel bianco che sa dialogare con l’azzurro del cielo, allo stesso modo della costruzione che a Tunisi vedevo, affascinato, irrompere nell’interno buio  da cui guardavo. Somiglianza e contiguità. Non solo di bellezze ma pure di degrado, di modernità e abbandono. Le luci sul mare fissate in una sera sciroccosa a Sousse, mi ricordavano i paesaggi notturni della nostra Mondello. La folla di parabole sui tetti, in una periferia polverosa, mi ricordava le strade del nostro Zen. I manichini accatastati, in uno spazio spoglio, richiamavano la stessa ammucchiata di manichini che avevo fotografato nel porticciolo di Sant’Erasmo

Questo vedo, guardando. E penso che affinità di terra, di mare, di colori, di paesaggio possono avvicinare Palermo meglio, e di più, al futuro cui nessuno può opporsi. Immigrazione c’è e ci sarà. Bloccarla è impossibile. Non sono tra gli oltranzisti dell’“Accoglienza”. Non amo rifugiarmi in una troppo frequente retorica della nostra storia come storia di “Convivenza”. Siamo in Italia, il Paese che può rivendicare con orgoglio uno sforzo umanitario che non è stato finora, colpevolmente, eguagliato in Europa. Ma pesano certi errori a lungo commessi. Perché in materia di immigrazione, si sono detti i “si” che erano giusti ma non i “no” che erano necessari. Ora si delinea, confusamente, una svolta. I flussi migratori si sono ridotti. Nelle politiche di integrazione qualche positivo cambiamento si avverte. Molto è avvenuto e avviene, a prezzo di diritti travolti, di sopraffazioni orrende negli spazi bui della Libia. C’è molto da fare per rimuovere la colpevole, talora indecente, indifferenza (quando non indolenza) dell’Europa. Ma il tempo nuovo vede questa Sicilia in un ruolo di primo piano. Perché, qui, proprio qui, molti vedono senza paura, giorno dopo giorno, che sempre più l’Africa è fra noi, e più Africa noi accettiamo (quando non vogliamo) fra noi. Malgrado tutto.

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