Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di CARMELO FUCARINO 

Una provocazione. In uno dei tanti talkshow serali, ormai virali in quanto facili pulpiti di fakes, una conduttrice ha precisato che non chiamerà il fenomeno razzismo in dialogo con un direttore di quotidiano negazionista, non solo di questo, ma anche del fascismo, dittatura o regime storicizzato. Come se la denominazione di illuminismo oggi (quello professato da Sciascia) volesse riferirsi a quello settecentesco redivivo. Ma il direttore di un giornaletto di dieci lettori sovvenzionato con le nostre tasse, ha orrore per il termine. Mi chiedevo come può dirigere un giornale se passa le serate a presenziare schifato a tutte i talk in ore la cui presenza ritengo necessaria in redazione.

La questione del razzismo italiano, caro direttore, ha radici profonde ed antiche. Tutto cominciò con l’ultima invasione della Sicilia da parte di mille rinomati fra le decine di migliaia che sbarcarono in diversi luoghi e in tempi successivi sulle coste siciliane. Per quanto dico e dirò la documentazione in un mio saggio Se nulla cambiò e sulla mia Stratigrafia della storia di Prizzi. Dico invasione, mentre Garibaldi redarguì aspramente Marc Monnier che gli elargiva, sperticati e sovrumani osanna, perché aveva titolato la raccolta della sua corrispondenza Garibaldi. Histoire de la conquête des Deux Siciles (Michel Lévy frères, Parigi, 1861, versione italiana Garibaldi. La conquista delle Due Sicilie, Santi Serraglini ed., Livorno, 1861), e lo obbligò a cambiare nell’edizione italiana il titolo del libro in “rivoluzione”: «Je n’ai pas conquis les Deux Siciles. Je n’ai fait que donner la main aux vertus civiles, dont cette contrée a été fertile en tant temps et les montrer au soleil de la liberté. Dans le mois de mai ce furent les patriotes de la Sicilie qui m’aidèrent à mettre à la raison les géneraux bourboniens»

Carissimi amici, quei ragazzotti pseudo-intellettuali e imboniti di solari idee di libertà usavano un linguaggio peggiore del peggiore Bossi. L’uomo di lettere, il grossetano Giuseppe Bandi (1834-1894), ci vedeva nella più benevola e storica definizione di “arabi”, ma spesso ci marchiava come “beduini”, che parlavano un “barbaro linguaggio”, “poco meno che turco”, mentre addirittura, pensate, anche il caldo era “africano”, naturalmente sempre in qualifica spregiativa e negativa. Da quando Erodoto chiamò i Persiani “barbari”, cioè “che dicevano bar-bar”, per la loro diversità linguistica.

Il più ardito garibaldino con le sue Naoterelle, misero diario di un conquistatore, “edite dopo vent’anni” (edizione definitiva 1891) con il patrocinio di Giosue Carducci, gli epiteti non sono di meno. Marsala gli apparve “l’ingresso di una città araba”. A Salemi “popolosAa, sudicia, le sue vie somigliano colatoi”, gli abitanti “si stringono nelle spalle, o rispondono a cenni, a smorfie, chi capisce è bravo”, “mangiavano i maccheroni, in certe ciottole di legno che…”. Ad Alcamo, dove “gentiluomini lindi e lucenti” “fecero le accoglienze al Generale”, “all’ombra delle sue vie par di sentirsi investiti da un’aria moresca” forse per le palme “inspiratrici”. Chi ha tempo si legga i due monumenti della conquista.

La storia vi è nota. Le industrie della Padania sorsero con le tasse sulla nostra ricchezza immobile, la FIAT fu florida con i “negri” siciliani, arruolati dopo l’informativa dei Carabinieri, utilizzata ad uso privato, sulle loro tendenze comuniste. I miei concittadini furono accusati di indegnità: coltivavano basilico nelle vasche da bagno. Ed ebbero cinque minuti per fare pipì, pena decurtazione della paga. C’era qualcuno non gradito che era relegato in un angolo senza poter lavorare. 

Poi venne Bossi ed è storia più recente. Povero lui, cacciato dalla sua Lega, divenuta ancor più reazionaria, ma ora nazionale. Salvo a volere creare una grande privilegiata dominante regione del Nord. Per tutti i secoli ancora la razza dei terroni. Ci fu anche un periodo in cui le targhe delle macchine non indicavano la provincia. Andare in Veneto con targa siciliana si correva dei rischi. Purtroppo per quel liberatore venuto dalle Americhe. Giuro da innocente. Oggi ci hanno dimenticati, non arrechiamo più disturbo. Le industrie sono state tutte svendute o sbaraccate, la FIAT è americana, protetta da Trump. Ora la Sicilia di origine e civiltà greca, che chiamava xenòs, lo straniero in quanto ospite (chi commercia con il mondo sarà sempre ospite), trova dei balordi che sfregiano un “negro” con l’avallo e la soddisfazione di tanti benpensanti, timorosi di perdere magri privilegi. Eppure, quando si spazzavano con le ruspe le baraccopoli degli zingari, pensavo e dicevo a tutti, “state attenti, state attenti, si cominciò con gli zingari, allora non esisteva il pericolo africano, poi si passò agli ebrei e agli omosessuali”. Le fakes di  un tale direttore paventano un pericolo sanitario dall’Africa: è, secondo lui, piena di cinesi infetti. Tutto fa brodo. Ma attenti le svastiche sulle porte dei sopravvissuti è un metodo antichissimo, lo conoscevano pure i Faraoni per gli ebrei, la profanazione delle tombe è invece pratica moderna. A poco valgono le memorie, per chi vive di solo presente. State attenti, benpensanti, non lasciatevi ingannare dai seminatori di odio, lo fanno per i loro lucri e il loro  potere. A loro serve un baubau per atterrirvi, l’antichissimo “Uomo nero”, per carpirvi l’anima e la libertà. Attenti che dall’ebreo si passerà alla minaccia del vostro libero pensiero. Se ne avete ancora uno.