Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di PASQUALE HAMEL

Ciao Giovanni. Ho letto il tuo editoriale sul referendum. Ora anch’io, come ho annunciato, voterò nel referendum confermativo della modifica degli art.56,57 e 59 della Costituzione sarà NO ma non certo per le ragioni che un certo culturame, molto spesso radical chic, espone per il suo rifiuto alla modifica ma per ben altre ragioni che sintetizzo di seguito. Sono infatti fra quelli, lo siamo in tanti ma per viltà o quieto vivere molti non si espongono, che considerano necessario e urgente un restyling della Costituzione del 1948. Checché infatti ne dica Roberto Benigni, ma ad un guitto è consentito tutto, piuttosto che la “Costituzione più bella del mondo” è una carta che ha fatto, soprattutto nella parte organizzativa, il suo tempo. Anche la rappresentanza appare fuori tempo e sbilanciata nell’equilibrio complessivo. La presenza delle regioni, dopo la modifica del titolo V, ha comportato un certo ridimensionamento del lavoro parlamentare e, soprattutto, un nuovo modo di presenza dei territori nell’assetto dei poteri e della rappresentanza. Una riduzione del numero dei membri del Parlamento non costituisce, dunque, alcuna lesione della stessa rappresentanza democratica. Ed allora, perché il NO ?

Comincio con l’idea che motiva la modifica, che è quella della volontà di mortificare questo istituto di rappresentanza che, qualche forza politica poco responsabile, sostituirebbe con la ormai famosa, e per me devastante, piattaforma Rousseau sulla quale si celebrerebbero i fasti della democrazia diretta. Non entro nel merito sul fatto che la stessa piattaforma da un potere illusorio al popolo ed invece lo attribuisce, in modo poco democratico, al manovratore. Un nuovo grande fratello che decide per tutti in assenza di controlli. L’altro motivo del mio NO sta nel fatto che questa modifica non si inquadra in quella necessaria riforma della Carta costituzionale ed appare un fatto estemporaneo vendicativo contro la cosiddetta “casta”. Prendere in considerazione la riforma dell’istituto di rappresentanza democratica per eccellenza, cioè il Parlamento, dovrebbe partire dalle criticità che oggi la democrazia parlamentare manifesta, a cominciare dal bicameralismo perfetto. La soppressione del senato potrebbe essere già di per sé una risposta. Un ultimo appunto lo dedico all’art. 59, quello che si riferisce ai senatori a vita. Chi ha proposto questa modifica penalizzatrice asseconda l’idea che la qualità non è un valore. Un fatto inaccettabile che è alimento di questi sacerdoti dell’incompetenza assurti al potere a furor di popolo.      


PASQUALE HAMEL Già vice segretario generale dell’ARS, direttore del museo del risorgimento di Palermo e direttore scientifico della ” Federico Secondo . Ha insegnato e storia contemporanea nell’università di Palermo. . Opinionista del giornale di Sicilia, ha scritto su Avvenire e La Repubblica. E’ autore di numerosi libri tra cui breve storia della società siciliana.