Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

L’OSPITE ……..TULLIA RIZZO 

 presidente della sezione lavoro della Corte di Appello di Messina

Nel dibattito che questo blog avviato su Sicilia e crisi, vorrei fare qualche considerazione. Come è noto l’occupazione aumenta quando le imprese utilizzano più lavoro e ciò avviene quando nel mercato dei beni si accresce la richiesta dei prodotti dell’impresa. Se la richiesta diminuisce le imprese riducono i livelli di attività produttiva e tendono

a liberarsi della forza lavoro esuberante. In buona sostanza, il livello dell’occupazione e quello della disoccupazione dipendono da altri elementi ove il mercato del lavoro ha un ruolo sostanzialmente passivo. Il tasso minimo di disoccupazione lo si è registrato negli anni cinquanta con la crescita dell’economia: è vero quindi che la disoccupazione dipende dal suo andamento. Sono gli interventi di politica economica che determinano risultati significativi. Le imprese italiane, dopo gli anni settanta, hanno affrontato una profonda ristrutturazione industriale: la meccanizzazione dei cicli produttivi ha dato luogo ad una cospicua riduzione della forza lavoro che, peraltro, è stata anche inglobata in forme alternative al contratto di lavoro standard a tempo indeterminato. Le legg (Treu, Biagi, il c.d. Jobs act, la Fornero) hanno agevolato il ricorso a dette forme atipiche contrattuali (di collaborazione, a tempo determinato ….).

  La disoccupazione è via via aumentata fino a raggiungere oggi il suo massimo storico. Le dette forme atipiche lasciano registrare, solo formalmente, un certo aumento dell’occupazione, ma la sostanziale precarietà dell’impiego attraverso queste non può che essere valutata se non in termini di effettiva disoccupazione. Allora la crescita dell’occupazione dipende da interventi di politica economica che dovrebbero dare corpo al principio costituzionale di cui all’art. 1 Cost. che connota l’Italia come “…. una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. In questa situazione di forte precarietà occupazionale occorrerebbe rivitalizzare le imprese, soccorrere in loro aiuto, incrementare gli investimenti pubblici e privati.

 Dovrebbe attuarsi un difficile progetto di politica economica invece, ecco, viene introdotto il ”reddito di cittadinanza”: misura socio/assistenziale di equità sociale, così qualificata dal nostro Governo. E’ un sussidio con importi mensili cospicui che può peggiorare le distorsioni già esistenti. Alla formale scomparsa dell’artigianato, che ormai opera prevalentemente in regime di “mercato nero”, possono anche accompagnarsi ulteriori incrementi dell’irregolarità dell’occupazione e una certa depressione delle iniziative imprenditoriali. Occorrerebbe una forte terapia volta a fronteggiare un sistema economico malato e non certo incrementare quel senso di povertà cui man mano andiamo abituandoci.

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