di PASQUALE HAMEL
Il momento non è dei migliori, stiamo vivendo la crisi più difficile del dopoguerra, una crisi che per essere affrontata nel modo giusto avrebbe richiesto una classe politica di ben altro spessore. Una crisi che ha liberato nuovi egoismi, soprattutto territoriali, che possono mandare in frantumi quei principi di solidarietà che ispirano la nostra costituzione repubblicana. La dichiarazione improvvida del presidente della regione Emilia Romagna, che pretende priorità di interventi per il nord, è spia di un clima non certo favorevole per le ragioni del sud. L’idea che Musumeci lancia di un fronte comune delle regioni meridionali non è nuova, riprende, come ben ricorda Giovanni Pepi, il vecchio progetto delle Conferenze delle regioni meridionali di cui si fece carico, negli anni settanta, soprattutto una giovane e vivace classe politica siciliana – Piersanti Mattarella fra, questi – che prese atto della insufficienza dell’idea di chiusura, la cosiddetta Sicilia senza mezzogiorno, che stava alla base del progetto statutario. Si tratta dunque di una riproposizione, in un contesto assolutamente diverso, di un progetto che fece sperare e pose al centro la questione meridionale. Quell’esaltante stagione, pur essendo guidata da personaggi di spessore, tuttavia non raggiunse gli obiettivi voluti per il riacutizzarsi degli antichi particolarismi, il guicciardiano particulare, che ruppero il fronte comune. Oggi, si può dire, di fronte all’affermarsi di quella che viene denominata questione settentrionale, credo ci sia una ragione in più, per noi del sud, di stare insieme. Bisogna, tuttavia, capire fino a qual punto di questo si siano resi conto i nostri politici meridionali che, piuttosto che cogliere la sostanza dei problemi, mi pare, si balocchino a riesumare linguaggi – fascismo antifascismo in testa – e categorie che appartengono ad altri tempi.