Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

 Salgo sul Bus 101 in via Roma , strada centrale di Palermo. Il cielo è grigio , soffia un vento leggero ma pungente, previsioni di pioggia . Dentro grande folla . Siamo come incollati l’uno all’altro. In molti gridano di fermata in fermata, invocando lo spazio per raggiungere le porte , dovendo scendere alla “….prossima “. Sale un signore  tra trenta e quarant’anni, con il telefono all’orecchio. Ha la barba incolta, veste malissimo, ma parla un buon italiano e dimostra qualche cultura. Mi dice : “ Ce l’abbiamo fatta…” In che senso ? , dico io . “ A entrare.. “ Già, ma il difficile è adesso “Perchè?“ Non vede? Non si riesce a raggiungere la macchinetta per obliterare il biglietto….“ Ah, ma io non ci provo nemmeno“ Ma, allungando il braccio possiamo farcela… “No, non ci provo. Venga pure il controllore, gliene dico quattro.Questo non è un servizio. Stiamo come sardine…” Io sgomito, allungo il braccio. Infilo il biglietto nella fessura dell’obliteratrice. Mi volto e trovo il mio interlocutore seduto. Il tempo che ho perso per  obliterare , lui se l’è preso per trovare  un posto. Così io, passeggero pagante , resto in piedi. Lui , portoghese per protesta, è seduto. Non commento .

Ill giorno dopo , per puro caso , prendo lo stesso bus , nello stesso posto , quasi  alla stessa ora. Stavolta non c’è folla, molte poltroncine sono vuote. Mi guardo intorno e scopro l’uomo del giorno prima di nuovo seduto, in uno dei comodi posti in fondo, dove si stendono facilmente le gambe. Parla e sorride con quelli che gli stanno accanto.  Mi vien voglia di chiedergli se ha scelto di “non pagare”, come il giorno prima, dal momento che non c’è folla e lui può stare comodamente seduto. Ma non lo faccio. Temo la risposta e lunghi ragionamenti”.  E’ uno dei tanti portoghesi ideologici. Gli direi:  vede, la mano pubblica spende male e le cose non funzionano bene, però sottraendo le risorse dovute non si creano certo le condizioni perchè possano andare meglio. Ma è inutile discuterne. Troverebbe il modo di darmi torto. E il pensiero va ad un aforisma di Jefferson , il grande presidente degli Usa, quando scriveva: “ I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, ma sono i governi che devono aver paura dei propri popoli.” Con i tempi che corrono dovremmo forse riflettere di più anche su questo, dai bus di Palermo alle piazze di Roma e Milano, tra bufere mediatiche e guai economici reali.28 Aprile

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