Nando Pagnoncelli , sondaggista autorevole, nell’ultimo libro, la penisola che non c’è, scrive sul rapporto tra la realtà e la sua percezione. C’è un dato che non sorprende ma allarma . Noi italiani siamo i più creduloni tra 33 paesi sondati. Viviamo in un nostro mondo che sta fuori dal mondo qui Vediamo le cose peggio da come sono. Dal numero degli immigrati a quello dei giovani adulti che ancora vivono con i genitori. Dall’occupazione all’obesità. Dalla presenza delle donne in politica agli accessi a internet. Dalla ricchezza all’andamento demografico. Dal sentimento religioso alla vita in campagna. Massimo Rebotti ,su Il Corriere.it, riassume bene le ragioni per cui tutto questo , secondo Pagnoncelli, avviene . Il “ tanto ondeggiare “ degli italiani sarebbe legato a tre ragioni sostanziali: “ la bassa scolarizzazione del Paese, una spiccata ‘ emozionalità ‘ e una ‘ dieta mediatica ‘ — i canali attraverso cui ci informiamo — troppo poco varia, dove la televisione, tuttora, è una sovrana quasi assoluta. Una condizione di fragilità che diventa il terreno ideale per il «virus» delle fake news. “ qui Sulla fondatezza dei prime due non c’è alcun dubbio. Ma è sicuro che la terza sia fondata ?
Pagnoncelli lo pensa. Dice , in una intervista, che le modalità con cui ci gli italiani si informano sono “poco inclini a elementi di approfondimento ..” qui La televisione è sovrana assoluta certo. Solo che , nella tv , si incrociano vari spazi. Il paese è multimediale, tra radio e tv, social e radio. Ma i media tra loro si rincorrono, tendono più a omologarsi che non a diversificarsi. Le grandi firme della carta stampata diventano star della tv. E twitt e post trasmigrano dal web all ‘etere, dal vetro alla carta. Percezione e realtà , poi, si muovono in crocevia imperscrutabili. E’ più che mai attuale, oggi, quell’ “avvilente gioco degli specchi ” denunciato dal giornalista Amin Maalouf : “I media riflettono ciò che dice la gente, la gente riflette ciò che dicono i media ” . Va bene, allora, denunciare il modo poco “incline all’approfondimento ” di chi si informa. Non meno importante , però, è l’esigenza di maggior approfondimento da parte di quanti informano.
Se poi parliamo di fake news e bugie, casuali o programmate, insorge la questione annosa di regole che attenuino la misura del fenomeno. Quando si parla di regole, i giornalisti sventolano la bandiera della libertà contro la censura. Non sono necessarie, secondo loro, perché bastano deontologia e codici di autoregolazione. Alberto Ronchey obiettava: che fare se quei codici non si rispettano o ciascuno li rispetta a ” suo ” modo . ? E’ la domanda migliore. Che ha sempre avuto la risposta peggiore, ossia il silenzio. Intanto si violano persino le norme esistenti, a cominciare da quella per cui l’errore deve ricevere rettifica con rilievo pari a quello dato alla notizia inesatta. E tra creduloni e bugiardi la democrazia si ammala. 16 maggio