Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

  tullia rizzo presidente della sezione lavoro della corte di appello di messina 

La Corte Europea dei diritti dell’uomo, in sede cautelare, ha valutato che non ricorrevano le addotte condizioni di urgenza che avrebbero giustificato lo sbarco dei rimanenti 42 migranti. La CEDU ha anche spiegato che già parte dei migranti, per i quali ricorrevano necessità di assistenza medica, erano stati sbarcati ed ha concluso con un pronunciamento con il quale, testualmente: “indica al Governo italiano che conta sulle autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell’età e delle condizioni di salute che si trovano a bordo della nave”. Orbene, trovo assolutamente condivisibile l’opinione di chi ha valutato detto pronunciamento del tutto “pilatesco”; e ciò- è stato anche detto – a “fronte dell’inettitudine delle istituzioni europee”. Invero: si può definire questo -come piace a certo opinionismo politico – un provvedimento di rigetto del ricorso presentato alla Corte di Strasburgo il 21 giugno dalle persone a bordo della See Watch? È assolutamente evidente che la decisione della Corte ha riguardato la condizione di salute dei migranti e si è affidato al governo l’onere di vigilare ed apprestare tutta l’assistenza necessaria alle persone, a bordo della See Wacth , in condizioni di vulnerabilità; proprio al fine di consentirne lo sbarco. Allora, va preso atto che non veniva in discussione la normativa sui porti chiusi; nella specie, infatti, si argomentava su quei principi che, pur prioritariamente volti a tutelare la “Sovranità” degli Stati e quindi la loro supremazia sul territorio, ne affievoliscono la portata a tutela di interessi, di rango internazionale, ritenuti preminenti e con valenza superiore alla stessa supremazia statale.

Argomentare, allora, nel senso che la CEDU, disattendendo la sua stessa funzione, abbia inteso avallare certa politica – e quindi derogare a principi per il buon governo dei quali è istituita -appare frutto di una non condivisibile ed inappropriata speculazione politica che, nella specie, non era – ne’ poteva – stare a base della sentenza della Corte di Strasburgo. È bene rammentare che, con il ricorso del 21 giugno, era stato invocato l’art.  39 del Regolamento di procedura della CEDU sul diritto alla vita e sul divieto di trattamenti inumani e degradanti incompatibili con una prolungata permanenza dei migranti su una nave sovraffollata ed inidonea ad ospitarli per un lasso di tempo di grande durata. La Corte EDU, – è vero- non riconosce la misura dello sbarco, ma invita il governo a continuare ad assicurare assistenza alle persone in condizioni di vulnerabilità ai fini di valutare l’opportunità e, meglio, la necessità del loro sbarco. Allora la sentenza di Strasburgo come deve intendersi? Immagino nel senso che il sopraggiungere in capo ai singoli migranti, dopo una più prolungata permanenza a bordo, di uno stato di vulnerabilità, si sarebbe dovuto e potuto dare luogo al loro sbarco.È si, Pilato docet! Non si da oggi l’autorizzazione allo sbarco, ma lo si consente, uno alla volta, ma mano che si presentino condizioni di necessaria assistenza sanitaria. Che ne sarà della “capitana”? Poteva essa sostituirsi al governo italiano, valutare soggettivamente l’esistenza delle condizioni di urgenza che non consentissero la prolungata permanenza  dei 42 migranti a bordo della nave ed effettuare, con decisione autonoma, uno sbarco istituzionalmente non autorizzato? Ai giudici la sentenza!

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