Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

A Palermo, nella sale del Circolo Unione,  in un bel palazzo che fu dei Florio, si parla del Sud con Piero Busetta, statistico e banchiere, autore di un libro di Rubettino, dal titolo : Il Coccodrillo si è affogato. “ Sintetizzando: Il Sud è fermo, il re è nudo. Ci sono due italie. Nella nostra, un territorio pari a un terzo del paese produce appena un quarto della ricchezza e da lavoro a una persona su quattro rispetto a uno su due dell’altra. Per colmare il gap servono da tre a quattro milioni di posti. Un balzo enorme. Possibile ? Solo con una svolta radicale, trasferendo in massa capitali, competenze e industrie. Perchè è in un mezzogiorno degli investimenti e delle imprese la chiave per il salto. Se finora ha funzionato un patto di scambio tra produzione a Nord e consumi al sud, tra sussidianti al nord e sussidiati al Sud, tra poteri dominanti concentrati a Nord e potentati locali diffusi a Sud , ora quel patto non funziona più’.

Per due ragioni. Sulla prima Busetta è esplicito, la seconda è implicita e si incrocia con dati politici ancora non evidenti quando il volume è giunto in libreria. Oggi, ecco la prima, il Sud non è questione meridionale, ma problema del paese, più di quanto non lo fosse prima. Scrive Busetta, a pagina 69, che un Sud fermo “ha indebolito l’Italia rispetto agli altri grandi paesi europei,: Germania , Francia e Gran Bretagna..” Ha ragione. Del  resto Mario Draghi, da governatore di Bankitalia, era esplicito nel sostenere: “Senza il Mezzogiorno I’ltalia non ha futuro, abbiamo tutti bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno” ( LEGGI ) La seconda ci porta al 4 Marzo. Il Mezzogiorno è lo spazio della protesta che ha travolto gli equilibri della politica. Più niente è uguale a ieri. I Cinque Stelle hanno avuto una flessione di consensi nelle regioni del Nord, ma un picco esplosivo al Sud. Dal 26 al 47 per cento dei voti. Una rivoluzione. Da dati Ispos risulta che hanno ottenuto consensi, non solo fra i disoccupati, ma in tutti i segmenti sociali, e più che in altri ( il 41 per cento) fra i dipendenti pubblici. Perché ? Perchè il Sud è sempre più un mondo a parte. Di cui Piero Busetta mette bene in luce il cataclisma subito: le maggiori quote di produzione perdute nella grande crisi, il futuro di intere generazioni bruciato,  il grande  balzo della povertà assoluta. Centomila persone emigrano ogni anno. E’ come se interi comuni si svuotassero. In questo sud senza cittadinanza è sempre più affannosa la ricerca di lavori e redditi sicuri. Non servono, o non bastano, nuovi sussidi per dare risposte ad una emergenza sociale innegabile. Ci vuole una politica economica pubblica in grado di attrarre e trasferire al Sud capitali e imprese privati. Solo che su questo, la Nuova Politica continua a tacere.

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