Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di Lelio Cusimano

Ciao Giovanni. A proposito quanto hai scritto ieri sulla “non semplice semplificazione ” ( qui ) faccio qualche considerazione. L’Italia si accinge a uscire dalla pandemia, per imboccare il tunnel della depressione produttiva. L’ultimo decreto legge, varato due giorni fa, si propone di rispondere all’urgenza della sopravvivenza, ma ora serve pensare all’impellenza della ripresa. La ricetta è semplice e collaudata; bisogna mettere mano a un programma, vasto e articolato, di opere pubbliche. L’idea assume quasi i contorni della banalità, quando si mette in conto la preoccupante povertà d’infrastrutture che affligge l’Italia e il Mezzogiorno in particolare.I soldi ci sono, così come le opere immediatamente cantierabili, se non ci fosse un nemico invisibile: la burocrazia!

L’ultimo esempio, tra mille, arriva dal viadotto sul fiume Himera, un brevissimo tratto dell’autostrada Palermo-Catania. Il viadotto, lungo appena 270 metri, crollò nel mese di aprile del 2015. Di rinvio in rinvio, di pratica in pratica, di bollo in bollo, siamo arrivati a settembre del 2020, quale possibile data ultima. Come dire quasi sei anni, quando l’imponente ponte Morandi a Genova, esteso più di un chilometro e tutto su piloni, è stato realizzato –con poteri speciali –  in meno di un anno! Quello che ormai tutti definiscono il “modello Morandi” potrebbe rappresentare il punto di svolta nella tragica vicenda della pandemia e nella conseguente crisi economico-produttiva. In più occasioni fonti statali hanno comunicato l’esistenza di un pacchetto di opere pubbliche subito cantierabili per 109 miliardi di euro, subito disponibili. Un tale investimento attiverebbe circa due milioni di posti di lavoro (17 mila per ogni miliardo speso), darebbe un potente impulso all’economia (si stima un indotto per circa 500 miliardi), darebbe linfa alla mobilità di merci e persone e, principalmente, avrebbe il grande merito di assicurare ricadute positive sull’economia e sulla qualità della vita, per molti decenni a venire.

Vogliamo fare ancora un esempio? La Sicilia è l’ultima  regione italiana per la dotazione di depuratori; detta in termini più grevi, milioni di Siciliani scaricano in mare i loro reflui senza filtri.  Fare partire, magari con il metodo Morandi, la rete dei depuratori siciliani permetterebbe di creare migliaia di posti di lavoro, farebbe aumentare le entrate della Regione che incassa l’IVA, darebbe una spinta formidabile al turismo, sarebbe una polizza assicurativa contro l’inquinamento ambientale. Né va dimenticato che le opere pubbliche comprendono anche la manutenzione dell’esistente, non meno urgente delle nuove costruzioni, come ci hanno insegnato alcuni eventi drammatici. Scriveva qualche tempo fa Antonio Polito sul Corriere della Sera: “i Romani lasciarono all’Italia la più formidabile rete di strade e acquedotti della storia, ma ai barbari bastarono pochi decenni di abbandono per trasformarla in macerie”. I “nuovi barbari” potrebbero magari rimediare a questa falla nella nostra storia.