Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di FABIO PANETTA

Pubblichiamo il discorso del governatore della Banca d’Italia pronunciato nella
Sala della Protomoteca del Campidoglio in Roma

Signor Presidente della Repubblica, Autorità, Signore e Signori,
«Luigi Einaudi è maestro di dottrine economiche, circondato dal maggior prestigio
scientifico internazionale. Egli ama però di attingere le sue dottrine economiche alle
fonti feconde della realtà, della vita e dell’esperienza e di controllarle al vaglio della storia
economica e della osservazione più acuta ed assidua dei fatti»1.
Con queste parole l’allora Ministro del Tesoro Soleri introduceva, nel gennaio del 1945,
il Governatore della Banca d’Italia appena nominato. Le ripropongo perché illustrano
efficacemente un tratto caratterizzante di Einaudi: quello di studioso capace di arricchire
i suoi elevati ideali con solide basi teoriche, uno spiccato realismo e un “pragmatismo
costruttivo”2.
Einaudi fu un uomo di carattere fermo e ingegno poliedrico, dotato di eccezionale
vivacità culturale: economista, giornalista, banchiere centrale, statista. Una profonda
saggezza ispirava i suoi comportamenti e le sue attività, secondo «latina “prudentia”.
Essa discendeva […] da una naturale inclinazione a cogliere l’essenziale dei problemi»3.
Intellettuale concreto, sapeva sottoporre all’opinione pubblica i temi rilevanti spiegandone
la natura, le determinanti e le conseguenze attraverso la lezione dei fatti. All’esame dei
problemi del Paese accompagnava proposte volte a valorizzare le risorse degli italiani
– prime fra tutte la laboriosità e l’iniziativa – senza indugiare nel pessimismo 4.
1 P. Soddu (a cura di), Luigi Einaudi. Diario 1945-1947, Roma-Bari, Laterza, 1993 (Collana storica della
Banca d’Italia. Documenti, 9), p. 10.
2 Impostazione ispirata dall’amico Giovanni Vailati, storico delle scienze, filosofo, matematico.
3 C.A. Ciampi, I valori di Luigi Einaudi e il governo della moneta: alcuni motivi di riflessione, Università
commerciale Luigi Bocconi, Milano, 12 luglio 1991.
4 L. Einaudi, Un principe mercante: studio sulla espansione coloniale italiana, Torino, Bocca, 1900;
cfr. M. Draghi, Prefazione, in A. Gigliobianco (a cura di), Luigi Einaudi: libertà economica e coesione
sociale, Roma-Bari, Laterza, 2010 (Collana storica della Banca d’Italia. Saggi e ricerche, 6), pp. v-vii.
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Ogni tentativo di rappresentare in poche pagine la figura e l’opera di Einaudi
risulterebbe velleitario. In questo breve indirizzo mi limiterò quindi a richiamare aspetti
della sua ampia produzione intellettuale che a distanza di decenni colpiscono per la
loro attualità.
Concorrenza, stabilità monetaria ed equilibrio dei conti pubblici
Gli interventi di Einaudi sono pervasi dal richiamo al valore della concorrenza quale
motore dell’imprenditorialità, dell’innovazione e infine dello sviluppo.
La concorrenza che egli propugna è priva di eccessi. I suoi scritti denotano la
consapevolezza del rischio che l’operare dei mercati, se incontrollato, possa lacerare il
tessuto della società5. Per questa ragione auspicava una concorrenza regolata e moderata
dallo Stato, al quale spetta di rimediare ai fallimenti del mercato6.
Ma Einaudi sottolineò, nel contempo, la necessità di porre limiti precisi all’intervento
dello Stato nell’economia. Era naturalmente avverso a un intervento pubblico volto a
generare vantaggi esclusivi, favori, privilegi7.
Un ulteriore richiamo fermamente riproposto da Einaudi nei suoi interventi è quello alla
stabilità monetaria e all’equilibrio delle finanze pubbliche.
Le sue non erano solo parole, ma anche azioni.
Da Ministro del Bilancio fece approvare la legge che limitava il ricorso alla creazione di
moneta per finanziare le spese dello Stato. Contrario al disordine e agli squilibri, Einaudi
considerava la moneta un’istituzione preziosa, la cui stabilità è necessaria per rafforzare
la libertà economica e la coesione sociale.
Queste stesse motivazioni nello scorso biennio hanno spinto le banche centrali ad attuare
una decisa restrizione monetaria.
Anche grazie alla sua influenza sui lavori dell’Assemblea costituente, nella nostra
Carta costituzionale viene «affermata l’esigenza di una oculata gestione pubblica»8,
introducendo il principio secondo cui ogni legge che preveda nuove spese deve indicare
i mezzi per farvi fronte (art. 81).
5 L. Einaudi, Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via fra i secoli XVIII e XIX, “Rivista di
storia economica”, 7, 2, 1942, pp. 49-72.
6 L. Einaudi, Lo scrittoio del Presidente (1948-1955), Torino, Einaudi, 1956; cfr. anche R. Faucci, Einaudi,
Luigi, in Dizionario biografico degli italiani, v. 42, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da
Giovanni Treccani, 1993.
7 A. Gigliobianco, Via Nazionale: Banca d’Italia e classe dirigente. Cento anni di storia, Roma, Donzelli, 2006.
8 G. Carli, Assemblea generale ordinaria dei Partecipanti tenuta in Roma il giorno 30 maggio 1962. Anno
1961.Considerazioni finali, Roma, Banca d’Italia, 1962, p. 43; in questo testo diverse pagine sono
dedicate a Luigi Einaudi scomparso l’anno precedente.
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Il concetto di equilibrio di bilancio che Einaudi auspicava era più stringente di quello
poi prevalso nei decenni successivi. Egli sosteneva la necessità di un bilancio pubblico
sostanzialmente in pareggio; non era contrario a temporanei disavanzi in situazioni
straordinarie, purché si adottassero appena possibile misure di riequilibrio.
La modernità del pensiero di Einaudi è nei fatti: oltre sessant’anni dopo, il principio
del pareggio, collegato al rispetto delle regole europee, è stato introdotto nella nostra
Costituzione con la riforma del 20129.
L’Italia ha un debito pubblico elevato, frutto di squilibri accumulati in molti anni. Per ridurlo
non si può non condividere il principio einaudiano di tendere, con la necessaria flessibilità,
a un duraturo ribilanciamento dei conti pubblici. Ciò richiede una programmazione sia
di breve sia di medio periodo della spesa e misure capaci di assicurare nel tempo una
graduale ma costante riduzione del debito.
Tanto più il percorso di riduzione sarà credibile, tanto minore sarà la compensazione
che gli investitori richiederanno per detenere il nostro debito. Questo aumenterà a sua
volta gli spazi di manovra per interventi fiscali di natura sociale e per fronteggiare future
situazioni impreviste.
Ma potremo liberarci del fardello del debito soltanto agendo al tempo stesso sul
fronte della crescita. Nel delineare il percorso da seguire è utile fare proprio un altro
insegnamento di Einaudi e distinguere la spesa pubblica utile da quella improduttiva.
In termini attuali, si potrebbe dire che egli riteneva essenziale migliorare la qualità
del bilancio pubblico, riorientandone la composizione al fine di innalzare lo sviluppo
potenziale dell’economia.
Governatore della Banca d’Italia
Non posso esimermi dal ricordare la figura di Einaudi Governatore, pur sapendo che la
sua importanza nella storia dell’Italia va al di là del suo governatorato10.
Da responsabile della politica monetaria rese eminenti servizi al Paese. Costituisce
«supremo vanto della Banca d’Italia averLo avuto Governatore»11. Il nome di Luigi Einaudi
9 Questa riforma ha modificato l’art. 97 della Costituzione introducendo il principio secondo il quale
«le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano
l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». La coerenza con il quadro concettuale
delle regole di governance dell’Unione si ritrova anche nella definizione di equilibrio di bilancio
inteso come pareggio al netto degli effetti del ciclo economico. L’art. 81 stabilisce ora che «lo Stato
assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e
delle fasi favorevoli del ciclo economico».
10 Einaudi fu Governatore della Banca d’Italia dal 5 gennaio 1945 all’11 maggio 1948, quando venne
eletto Presidente della Repubblica. Dal maggio 1947 assunse, oltre alla carica di Governatore, quella
di Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro del Bilancio nel quarto Governo De Gasperi.
11 G. Carli, 1962, op. cit, p. 41.
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è indissolubilmente associato12 all’efficace e decisiva stabilizzazione monetaria che pose
le basi per la ricostruzione e per la prolungata fase di sviluppo del secondo dopoguerra.
Alla metà del 1946, quando l’inflazione bellica sembrava vinta, si ebbe un’improvvisa
impennata dei prezzi, la cui dinamica annua giunse a superare il 60 per cento.
Il risanamento monetario fu conseguito agendo su quattro fronti: riformando il regime
di riserva obbligatoria e aumentando il tasso di sconto; assegnando alla Banca d’Italia
la vigilanza sulle banche; ristabilendo un limite al finanziamento monetario dello Stato;
reinserendo l’Italia nella comunità finanziaria internazionale con l’adesione agli accordi
di Bretton Woods.
Questa manovra innovativa e intelligente determinò un cambio di regime monetario.
Insieme alla credibilità della banca centrale, cui la figura di Einaudi contribuì in modo
decisivo, essa consentì di piegare la dinamica dei prezzi, riacquisire il controllo delle
aspettative e riassorbire la liquidità in eccesso, senza penalizzare troppo l’attività
produttiva e il credito13.
Oggi, in una situazione diversa da allora, l’obiettivo ultimo della Banca centrale europea
non può che essere lo stesso: riconquistare la stabilità dei prezzi senza inutili danni per
l’economia reale.
Come ho osservato in un intervento lo scorso febbraio, nell’area dell’euro l’inflazione è
in rapido calo e prosegue il suo avvicinamento all’obiettivo del 2 per cento, rendendo
possibile un taglio dei tassi. Va in questa direzione il consenso che sta emergendo
– soprattutto nelle settimane più recenti – nell’ambito del Consiglio direttivo della BCE.
Le Considerazioni finali: conoscere per deliberare
Sarebbe arduo separare la missione di studioso da quella di educatore, di «Maestro» che
si impegna nel «fare intendere l’interesse generale»14.
La vocazione educatrice di Einaudi non si limitò all’accademia. Attraverso i suoi scritti e la
sua innata capacità semplificatrice egli raggiunse in modo efficace la generalità dei cittadini.
12 Fu lo stesso Einaudi a definire questa associazione «“mitica”, in quanto Egli non intendeva che fossero
dimenticate le “molte forze” che avevano contribuito al successo della politica designata con il Suo
nome, sia nella sfera delle autorità governative, sia in quella dei Suoi collaboratori immediati» (G. Carli,
1962, op. cit., p. 45), in primis il Direttore generale, e suo successore, Donato Menichella; cfr. F. Cotula,
C.O. Gelsomino e A. Gigliobianco (a cura di), Donato Menichella. Stabilità e sviluppo dell’economia
italiana 1946-1960. 1. Documenti e discorsi, Roma-Bari, Laterza, 1997 (Collana storica della Banca
d’Italia. Documenti, 7); E. Gaiotti, La stabilizzazione del 1947: «effetti psicologici» e domanda di moneta,
in F. Cotula (a cura di), Stabilità e sviluppo negli anni Cinquanta. 1. Il contesto internazionale, Roma-Bari,
Laterza, 2000 (Collana storica della Banca d’Italia. Contributi, 7), pp. 441-486.
13 «La determinazione di questa percentuale [della riserva obbligatoria] venne fatta in linea di studio
sperimentalmente, nel senso che si ricercò quale aliquota le aziende [di credito] avrebbero potuto
fronteggiare con i mezzi liquidi da esse detenuti presso l’istituto di emissione e il tesoro, senza
dover far luogo a disinvestimenti» (Banca d’Italia, Relazione annuale sul 1947, p. 156); cfr. E. Gaiotti,
2000, op. cit., p. 451.
14 ASBI, Carte Baffi, Governatore onorario, n. 41, fasc. 8, p. 212.
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Da Governatore introdusse la tradizione delle Considerazioni finali, capitolo conclusivo
della Relazione annuale della Banca d’Italia, mediante cui – da una posizione istituzionale –
si rivolgeva all’opinione pubblica ed estendeva la sua opera di educazione ai temi
economici15.
A Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia, il 31 marzo del 1947, dopo il riesame degli
sviluppi economici e «l’analisi contabile delle principali partite del bilancio dell’istituto di
emissione…» egli svolse «… dei fatti accaduti una analisi che direi economico-morale»16.
Con linguaggio vivace e la perspicuĭtas del divulgatore, il Governatore Einaudi portò nel
Salone dei Partecipanti di via Nazionale l’eco della Ricchezza delle nazioni, i fornai e
i tessitori di Adam Smith, l’acuta attenzione per le motivazioni psicologiche e anche
morali degli agenti economici17.
Ancora oggi il principio che pervade le Considerazioni finali e che ne ispira la scrittura
è l’einaudiano “conoscere per deliberare”18. Da un lato, quale strumento di politica
economica, le Considerazioni finali sono costruite su analisi approfondite, per decidere
su solide basi conoscitive e offrire un valido sostegno alle scelte delle autorità. Dall’altro
lato, esse sono parte dell’opera di divulgazione diretta alla pubblica opinione, volta
a dare soluzioni condivise e durature ai problemi economici.
L’Italia e l’Europa
Voglio infine toccare un tema su cui Einaudi si soffermò ripetutamente, con preveggenza:
quello di una federazione a cui gli Stati membri conferiscono, nel loro interesse, poteri
vincolanti19.
Egli avrebbe probabilmente sostenuto il progetto di Unione economica e monetaria.
Lo stesso Manifesto di Ventotene che ha segnato la strada verso l’integrazione europea
fu anche ispirato, secondo il suo primo estensore Altiero Spinelli, dagli scritti di Einaudi
– in particolare, dalle lettere pubblicate con lo pseudonimo di Junius sul “Corriere della
sera” a ridosso della fine del primo conflitto mondiale.
Einaudi contrappone al mito della sovranità assoluta la necessità della cooperazione
imposta dalla crescente interdipendenza: «La verità è il vincolo, non la sovranità
15 G. Carli, 1962, op. cit.; cfr. sul tema L.F. Signorini, Le “considerazioni finali” di Luigi Einaudi, intervento
all’Università IULM, Palazzo Cipolla, Roma, 20 ottobre 2021.
16 L. Einaudi, Adunanza generale ordinaria dei Partecipanti tenuta in Roma il giorno 31 marzo 1947.
Anno 1946. Considerazioni finali, Roma, Banca d’Italia, 1947, p. 2.
17 A. Gigliobianco, 2006, op. cit.
18 L. Einaudi, Conoscere per deliberare, in Prediche inutili, Torino, Einaudi, 1956, pp. 1-12.
19 L. Einaudi, Per una federazione economica europea, Movimento liberale italiano, 1943; L. Einaudi,
I problemi economici della Federazione europea, Lugano, Nuove edizioni di Capolago, 1944; L. Einaudi,
Il mito dello stato sovrano, in Edizione nazionale degli scritti. Scritti politici e sull’Europa. III.2 (1943-1959),
tomo 1, a cura di P. Silvestri, Torino, Fondazione Luigi Einaudi, pp. 488-491. Pubblicato originariamente
in “Risorgimento liberale”, 3 gennaio 1945.
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degli stati. La verità è la interdipendenza dei popoli liberi, non la loro indipendenza
assoluta»20.
Nel discorso solennemente pronunciato nel luglio del 1947 davanti all’Assemblea
costituente, Einaudi rifiuta le barriere – che «giovano soltanto ad impoverire i popoli, ad
inferocirli gli uni contro gli altri» – a favore della libertà e della cooperazione: «L’Europa
che l’Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, […] è un’Europa aperta […]
nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella
quale le maggioranze rispettino le minoranze […]. Alla creazione di quest’Europa, l’Italia
deve essere pronta a fare sacrificio di una parte della sua sovranità».
Da Presidente della Repubblica, nel marzo del 1954 richiamava i rischi di un’unione
incompleta: «La necessità di unificare l’Europa è evidente. Gli Stati esistenti sono polvere
senza sostanza. Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di una difesa autonoma.
Solo l’unione può farli durare. Il problema non è fra l’indipendenza e l’unione; è fra
l’esistere uniti e lo scomparire»21.
È superfluo sottolineare l’attualità di queste analisi nel presente contesto globale di
frammentazione geopolitica ed economica in cui le opportunità e i rischi connessi con il
cambiamento climatico, le nuove tecnologie, la demografia e le migrazioni, l’esigenza di
preservare la pace, richiedono azioni congiunte a livello internazionale.
Conclusioni: mantenere vivo l’insegnamento di Einaudi
Favorire una concorrenza priva di eccessi; gestire con prudenza le finanze pubbliche,
impegnandosi per stimolare la crescita e ridurre il debito; preservare la stabilità monetaria;
spostare il concetto di sovranità dal livello nazionale in favore di un’Europa più forte,
aperta e solidale, che conti nel mondo.
Ho menzionato oggi solo alcuni degli insegnamenti di Luigi Einaudi. Insegnamenti ancora
attuali che guidano tuttora la Banca d’Italia nella sua attività quotidiana al servizio del
nostro paese.
Questi pochi ricordi tratti da un’opera immensa mostrano l’intensità con cui Einaudi
dedicò la propria vita, il proprio lavoro, la propria produzione intellettuale al bene
comune. Dal suo esempio discende un insegnamento chiaro, orientato al futuro,
da tramandare nel tempo.
Per queste ragioni la Banca d’Italia è lieta di partecipare alle celebrazioni dei 150 anni
dalla nascita del Presidente e del Governatore Luigi Einaudi. Con questo convegno e
con l’opera del Comitato nazionale si rinnova oggi l’impegno di trasmettere alle nuove
generazioni gli insegnamenti del Maestro.
20 L. Einaudi, Il dogma della sovranità e l’idea della società delle nazioni, “Corriere della sera”,
28 dicembre 1918, pubblicato anche nella raccolta Lettere politiche di Junius, Bari, G. Laterza, 1920,
pp. 143-156.
21 L. Einaudi, Lo scrittoio del Presidente (1948-1955), Torino, Einaudi, 1956, p. 89.

Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia