Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di GIOVANNI PEPI

Quando Piersanti Mattarella veniva ucciso , quella mattina di quaranta anni fa, in Sicilia si incrociavano incertezza politica e crisi economica. Un  governo immobile a Roma, una Giunta in crisi a Palermo, una Dc incerta sull’apertura al pci, congiuntura pesante del petrolio, buco energetico più largo nel mondo, inflazione crescente in Italia, caduta delle risorse per il Sud, e , in Sicilia , le coste devastate dal maltempo. 

Piersanti Mattarella

La mafia esercitava un dominio pieno sul territorio. Mattarella. presidente  in ordinaria amministrazione, doveva affrontare situazioni straordinarie…” Glielo dissi. Lui rispose: “ Già, il problema è questo..” Infilò il suo cappotto fumo di Londra . Avevamo appena finito di registrare una intervista negli studi di Tgs. La trascrizione sarebbe stata pubblicata sul Giornale di Sicilia il giorno dopo, il maledetto sabato in cui la mafia lo uccideva. L’Italia non perdeva solo un grande protagonista della lotta contro il crimine organizzato. Perdeva l’ultimo grande riformista nella Sicilia dell’Autonomia Speciale. La sua strategia era complessa. Muoveva su più fronti, e su tutti sapeva destreggiarsi con innegabile sapienza. Del resto non si diventava, come lui diventò, presidente della Regione a 42 anni, avendo dietro solo un piccolo gruppo come quello moroteo . Erano cinque i pilastri del suo progetto. Primo: l’isola meno isola. Nell’intervista da poco conclusa, chiedevo conto di dati impietosi. Secondo il Censis, il Sud cresceva a ritmi più elevati che non il Nord. Ma, in Sicilia, il lavoro aumentava dell’1 per cento, in Campania di quasi il doppio ( 1, 7), in Puglia , addirittura, del 12 ,4 . Perché ? Rispondeva: “Scontiamo il prezzo di una marginalità geografica che è anche economica…”

Secondo pilastro: rompere questo isolamento integrando sempre più la Sicilia in un fronte delle regioni meridionali. Perché il Sud avesse più peso a Roma nelle decisioni di spesa che dessero, al suo territorio, capacità di attrarre investimenti dal Nord e dal mondo. Terzo pilastro era l’industria. Senza un modello di economia che avesse al centro l’impresa, non credeva ci sarebbe stata crescita né sviluppo sociale. Volle per questo contatti strategici con gli industriali lombardi prima, con quelli tedeschi dopo. Il quarto era l’Europa. Diceva : ” Una  Sicilia nuova deve sapere andare oltre lo stretto e oltre le Alpi.” E grande fu il suo impegno per portare in Sicilia Roy Jenkins, massimo esponente della Cee. Il quinto pilastro era incentrato su una “nuova regione”. Che lui vedeva come base su cui costruire gli altri quattro. Punto cruciale il passaggio dalla obliquità del potere alla trasparenza. Fu riformista autentico, grande protagonista dell’attacco alla mafia . Insisteva sempre su quella esigenza di carte in regola senza  cui la Sicilia non avrebbe avuto, in Italia e nel mondo, quello slancio che era necessario. Spinse importanti riforme, come quella sulla burocrazia e quella sulla contabilità. Istituì il Consiglio dei 15, mettendo attorno ad un tavolo i maggiori esperti di diritto, siciliani e non, per impostare una riforma dell’amministrazione. 

Fu così, Mattarella, insieme leader politico e di governo. Da moroteo gestì l’apertura al Pci. Non per avere più peso nella dc grazie al rapporto con il pci . Voleva invece l’opposto: una Dc nuova in grado di innovare il Pci. Da uomo di governo seppe colpire la mafia laddove i suoi interessi erano forti . Ricordo che nell’intervista citai le parole del cardinale Pappalardo: Anche questo è mafia: sentirsi protetti da un amico o da un gruppo di amici che contano.. Lui rispose : “Il richiamo del Cardinale è appropriato. Bisogna intervenire per eliminare quanto , a livello pubblico, attraverso intermediazioni e parassitismi , ha fatto e fa proliferare la mafia.” Raccomandando il dovuto ” risveglio di doveri individuali .” Di questo risveglio , più che di parole vuote,  fu grande assertore. Nei discorsi pubblici la scelta di campo era sempre chiarissima. Ma più che proclamare, lui preferiva  praticare. Andava in ufficio presto, controllava attentamente le carte, era intransigente nel rifiutare abusi, soprattutto in materia di appalti. E fu qui che maturò l’offesa principale agli interessi mafiosi. Non ci sono parole migliori , per descrivere la sua figura, di quelle di Giancarlo Caselli in una intervista a La Repubblica: “ Piersanti Mattarella , un democristiano onesto e coraggioso ucciso perché onesto e coraggioso”.