Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

L’OSPITE su SICILIA E CRISI...BARTOLOMEO ROMANO

 avvocato, professore di diritto penale nell’ateneo di Palermo,  autore di più di cento pubblicazioni scientifiche, già componente il consiglio superiore della magistratura 

Da professore universitario, da professionista, da genitore, addolora leggere, ìin questo dibattito su Sicilia e crisi,  le considerazioni, in qualche modo coincidenti, in gran parte condivisibili,  di Alessandro Albanese, di Patrizia Di Dio e di Gigliola Magistrelli. Dal mio punto di vista, le ricadute più gravi della denunciata situazione nella quale versa il meridione le subiscono i giovani, che – purtroppo numerosi – fuggono verso il Nord…

o addirittura all’estero. Negli ultimi decenni la nostra terra ha certamente vissuto una positiva evoluzione culturale, alla quale hanno contribuito in modo, a mio avviso, decisivo i movimenti seguiti alle stragi mafiose e al sacrificio di molti servitori dello Stato, che dunque non sono caduti invano. E a Palermo si è potuto registrare un rinascere del centro storico, anche se le nuove attività produttive ( sperabilmente non passeggere) non sempre rispettano a pieno la vita dei residenti. Sembrano poi carenti i controlli delle autorità e non percepibile la pulizia delle zone frequentate da grandi masse (per fortuna, di giovani). Ma certamente l’economia, nel suo complesso, nella nostra città e in quasi tutto il Sud Italia, langue. Di qui, l’idea diffusa che occorra incoraggiare i giovani ad abbandonare la nostra terra dopo la conclusione degli studi nella scuola media superiore. Da docente universitario, trovo che i nostri giovani la partita possano giocarsela a testa alta anche formandosi nella nostra Università: nel mio campo, ci sono moltissimi illustri e noti avvocati, magistrati, notai, dirigenti e funzionari della pubblica amministrazione e delle imprese private che hanno conseguito la laurea a Palermo. E potrei fare esempi di altre professionalità e di diversi percorsi nel nostro Ateneo

Tranne studi particolarmente specialistici e propri di eccellenze nazionali o internazionali, studiare “fuori” non mi sembra particolarmente utile o necessario. Ma il vero problema è trattenere i nostri giovani dopo la laurea, creare le condizioni affinché (se vogliono) possano vivere la loro vita nella nostra terra, “amara e bella” per citare una nota canzone del passato. E qui chi ha più anni dovrebbe rimboccarsi le maniche e non dire ai propri figli che la partita è persa a tavolino. Perché non tutti perderanno: possiamo pensare che non avremo più bisogno di medici, architetti, ingegneri, avvocati, ma anche (e soprattutto) di imprenditori che avviino e consolidino nuove attività e costruiscano nuovi posti di lavoro? Certo, molto è compito di una classe politica che appare assente o distante, oppure enuncia risultati poi mai realizzati o percepiti. Ma, ciascuno di noi, per quanto di competenza, può fare qualcosa: diceva Madre Teresa di Calcutta che “quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Se vanno via tutti i nostri giovani, morirà la città e soprattutto moriremo noi: privi degli affetti, e del futuro rappresentato da chi verrà dopo di noi.

Comments

  1. Nel condividere sostanzialmente quanto espresso dal Prof.Romano non posso tuttavia ignorare che noi abitanti di questo sud economicamente depresso, se pure complesso nelle sue manifestazioni di vita quotidiana, abbiamo inforcato una via di assoluta rassegnazione, anche sul piano verbale, che era invece qualche anno fa caratterizzato da velleitarie dichiarazioni di cambiamento e di insubordinazione, oltre che di individuazione delle colpe esclusivamente ai concittadini del “nord”. Ormai, nel più assoluto silenzio, si accettano interventi non più mirati, sia pure teoricamente, a cambiare l’economia ma semplicemente ad una assistenza, forse purtroppo necessaria, ma accettata passivamente. Mi si dirà che in fondo quello era il risultato anche prima e che non è diverso il panorama della politica regionale, stretta su binari di assoluto prevalente assistenzialismo. Eppure esiste una economia locale che disegna, di fatto, taluni comparti di possibile interessante sviluppo, verso i quali non si polarizzano gli interessi dell’opinione pubblica e della politica. Credo che più che avvilirci per le linee della politica nazionale, dovremmo tentare di sviluppare quelle di una seria politica locale per convincere i siciliani che arrivano a votare per movimenti autonomistici del nord (pensavo che non c’è ne sarebbero mai stati, ma sbagliavo) a votare per movimenti e partiti che riprovino a mettere lo sviluppo del sud fra gli obiettivi prioritari di sviluppo della nazione. Tuttavia mentre in questa immensità di problemi “s’annega il pensier mio” continuiamo a sentire persone di livello che, lamentandosi, affermano che se le cose continuano così non troveranno più nemmeno i soldi per mandare i figli a studiare fuori e quì mi riallaccio al Prof.Romano.

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