Sono un giornalista che scrive, parla e fotografa. Una passione: la bici da corsa. Un sogno: riuscire a far capire anche quello che non capisco.

di CARMELO FUCARINO

Dico pioggia, ma proprio direi anche bufera, tormenta di neve. Qualcosa che capita per combinazione e movimenti di aria, giocati su quel famoso detto del palpito di ala a Tokyo che ad onde giunge su Milano. Sì, certo, a Milano, autodefinitasi capitale finanziaria di Italia. Improvvisamente, tra promesse, tattiche e strategie, nazionali, europee ed internazionali (FMI) sforiamo il bilancio, vendiamo titoli senza valore, perché senza copertura di uno Stato indebitato fino al collo , con un livello di tassazione che supera il 50% ed oltre del reddito, un diluvio di miliardi. Cioè qualcosa che riguarda tutti indiscriminatamente, giovane e maturo, donna e uomo, ricco e povero. Quando c’è la pioggia non distingue nessuno. I vecchi non contano, sono protetti a casa o carcerati nelle RSA, ove se ne occuperà il covid, a sollievo dell’INPS.

Sotto copertura di una propaganda serale, definita conferenza stampa, con miliardi vantati e da distribuire, .- mi ricorda un celebre riccone che con una lavagna e una bacchetta magica distribuiva miliardi per tutta l’Italia, alla casa di Bruno Vespa. Diciamo per tutto il Nord lavoratore e industriale, quello che non saluta neppure per non perdere tempo nella corsa frenetica di accumulare sghei. Dopo traccheggi e disegni faraonici, pare che la prima giornata di titoli abbia avuto un boom di tre miliardi di acquisti. È il poveretto che ha creduto veramente a quel 1,50%, abituato a pagare le banche, perché loro si investano il suo denaro al 6%, o è qualche furbastro di borsa che punta al rialzo per rivendere al momento opportuno? Gli operai mangiano sogni di cassa integrazione e regali a pioggia, gli operatori e piccoli industriali e artigiani si affannano a dimostrare quello che il Governo sa, perché li ha fatti chiudere ope decreti. I supermercati hanno venduto anche l’invendibile, i fortunati hanno fabbricati mascherine, tute, scafandri e respiratori. Sotterraneo un fiume carsico di denaro nero. Tutti hanno cavalcato il mostro. Tranne quelli che sono stati chiusi forzatamente per la salute sacrosanta della Nazione. E chi aveva fatto guadagni, come gli artigiani e i negozianti vanno consumando i loro risparmi e si trovano alla fame. Saranno aiutati? Ne dubito fortemente. I pescecani già girano voraci, impazziti in questo oceano di sangue, e i miliardi finiranno nelle solite tasche ben capienti. Intanto le banche divoratrici, poi i grossi gruppi ammanicati con la politica, sia i poteri industriali, sia quelli economico-finanziari. Naturalmente lo spauracchio minacciato: il licenziamento. Vorrei vedere la minacciata chiusura. 

C’era una volta un’industria italiana che si chiamava FIAT, nata nel 1899, ma diventata solida con Giovanni Agnelli e il celebre Valletta, premiati da tutti i regimi con i redditi immobiliari del Sud e arricchitisi con i miseri stipendi e il sudore dei negri di allora, i siciliani, accettati dopo una informativa dell’Arma fedele che si occupava di indagini a favore di un gruppo privato. Noi l’abbiamo fatto con le braccia e i turni massacranti in cui era detratto anche il tempo per orinare. Posso darne le prove. Ed eravamo quelli che piantavano il basilico nella vasca da bagno. Ma sicuro che c’era, se per andare a gabinetto i nostri cafoni dovevano usare quello comune in pianerottolo? E hanno creato la Cinquecento per venderla agli stessi poveretti che l’avevano costruita. La società ora si chiama FCA (Fiat Chrysler Automobiles), con 198 mila dipendenti, ha lo stabilimento madre a Detroit, è foraggiata bene dagli USA in quanto ancora di salvezza della Chrysler.

Oltre alla FIAT ha divorato tutti i marchi nobili, dalla gloria dello Stato, l’Alfa Romeo con le sue splendide Giuliette, e senza ostacoli al sistema di monopolio, la Lancia, la Maserati, l’Abarth, e Autobianchi e Innocenti, esempio dell’arte e della bellezza italiana nel mondo, con il genio Pininfarina. La società ha ora sede legale in Olanda e sede fiscale nella City londinese. In Italia son rimasti 34 mila dipendenti dei 113 mila del 2000 e del sogno faraonico di Mirafiori. È quotata a Wall Street e Milano. A Termini si proposta platonicamente ad ogni fase di luna. Nel 2019 ha avuto un fatturato di 108 miliardi, con utile netto di 6,6 miliardi, è distribuito un dividendo speciale di 5,5, miliardi di euro e sempre per quell’esercizio quest’anno sarà distribuito un altro dividendo di 1,1 miliardi per ognuna delle due società FCA e la francese PSA. La ghigliottina delle perdite denunciate del 34% e la minaccia di altri dimagrimenti.

Questa società che non ha nessun rapporto con Italia, se non quello di una qualsiasi altra multinazionale operante nel nostro territorio sta derubando i depositari della mia Banca Intesa San Paolo di 6,3 miliardi di euro attraverso un prestito garantito dallo Stato italiano attraverso SACE, gruppo Cassa depositi e prestiti, controllato dal ministero dell’Economia. Così afferma Bloomberg. Una società con sede legale ad Amsterdam e fiscale a Londra. Ma siamo impazziti? Ma fino a che punto saremo presi per quel posto? Eppure la Protezione civile paga la RAI per una richiesta ossessiva di elemosina, senza dirci quanto ha raccolto e come sono state impiegate le somme. Tutto in fiducia e sotto lo stupore del ponte di Genova costruito in deroga a tutta la legislazione e senza ombra di controlli. I controlli sono burocrazia, non è il burocrate che dorme o incassa mazzette. Prova per credere la burocrazia francese, uscita da un organo di formazione statale. Questo intanto volevo premettere al Presidente Ribisi ( qui ), come introduzione alla questione della burocrazia che affronterò di seguito. Sì, la questione della burocrazia da quando comparve con il regno austro-ungarico e la confermò Cavour. Tutto fatto in bell’ordine per eludere l’onestà nell’oleare gli infiniti meccanismi (passaggi).